Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
M. MORETTI, La casa del Santo Sangue 503 Se non artisticamente, almeno logicamente, o, meglio come buon senso, le cose sono a posto. Da una parte le beghine vere, da un'altra quelle apocrife ; da una parte la passione vera del chiostro e la religione, da un'altra, le fantasie e le malinconie dei letterati. BONAVENTURA TECCHI. GIANI STUPARICH, Racconti. - Buratti, Torino, 1929. L. 11. Il precedente libro dello 1Stuparich, Colloqui con rnio fratello, non lasciava ancora sospettare un futuro possibile sviluppo in senso nar– rativo; è perciò con maggiore curiosità che si sfogliano questi Racconti, in cui lo scrittore triestino ci si mostra sotto un angolo visuale del tutto nuovo ed imprevedibile. I Colloqui sono un forte libro, che si vorrebbe più letto di quanto non sia: ma di tale natura che si esita quasi a parlarne in un discorso critico, per farne oggetto di richiami e di derivazioni. Esso appartiene a quel genere di diari intimi e di confessioni morali di cui la grande esperienza della guerra fece fiorire qualche buon esempio anche da noi, . primo tra tutti l'Esame di coscienza di un letterato del povero Serra. Ma nei Colloqui la «letteratura» è ridotta al minimo, fragile superficie sotto a cui s'agita l'affannoso dibattito spirituale di un uomo che al riscatto della patria offerse il braccio e tutte le energie dell'animo, e che, conseguito lo scopo d'una intera giovinezza, è preso dalla sottile vertigine di smarrimento che segue di solito a tutti i grandi scopi raggiunti. Nella memoria dell'amatissimo fratello caduto sul campo lo Stuparich si raccoglie per ritrovare il significato profondo dell'esperienza patita, e trarne guida e luce per l'avvenire: ma quell'esperienza non è più viva e operante, l'idea della morte affrontata e liberamente accettata s'è rifatta lontana nel tempo, e si tratta ora di questa cosa difficile ch'è vivere, decidere e scegliere di nuovo. Non è semplice rendere in parole approssimative il senso d'intimità spirituale che si sprigiona dalle tenui pagine di quel libretto, e ne forma il più alto pregio: senso d'intimità che sembra d'altronde la caratteri– stiGa più spiccata della miglior letteratura che ci viene oggi da Trieste, fin d'ora destinata ad inserirsi con caratteri ben propri sul tronco maestro della nostra tradizione. Ma è soltanto in quell'intimità, in quell'appassionata serietà e pudore nel considerare le cose dell'animo, in quello sforzo di rendere il dialogo interiore in tutte le sue sfu– mature più originarie e raccolte, senza tradirlo mai in formule troppo decisive, che ci è permesso di rintracciare il passaggio dal tono di confessione accorata e perplessa dei Colloqui con mio fratello a quello narrativo e oggettivo dei Racconti. Nello Stuparich narratore è in primo luogo da apprezzarsi un atteg– giamento di aperta comprensione umana, altrettanto lontano dalle sem– plificazioni idealistiche degli scrittori « ad effetto», intenti ad annobilire ad ogni costo il loro personaggio e a risolvere i contrasti morali in grandi opposizioni d'ombre e di luci, quanto dalle maliziose sottolineature fisio– logiche dei nostri giovani neo-naturalisti, che spesso coltivano, sotto specie d'aderenza, sensuale e di trascrizione obbiettiva, un gioco d'immo- BibliotecaGino Bianco
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