Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
F. FLORA, Mida., il nuovo satiro 501 di Cercione, e quello di Procuste, e quello dei Ciclopi mangiatori d'uo– mini, e cosi via seguitando. Non altrimenti, nel D'Annunzio del Flora, enunciata la tesi, se ne cercava la comprova in tutte, nessuna esclusa, le opere d'annunzil;!,ne, stringendole con questo espediente in collana. PIERONARDI. MARINOMoRETI'I, La casri, del Santo Sangue, romanzo. - Mondadori, Milano, 1930. _L. 12. Ci sono, come si sa, due Moretti : il Moretti di La voce di Dio e di -qualche ::i,ltro romanzo, e il Moretti più conosciuto, quello che va per la bocca di tutti e che si potrebbe indicare col solo prenome, affettuoso e familiare, che un tempo piaceva all'autore metter perfino nel titolo dei libri: Marino (I poemetti di Marino). Perché questo secondo Moretti ha sopraffatto presso la maggior parte dei lettori (e forse anche dei critici) il primo? È giusto o non è giusto ? E la critica avrebbe fatto una questione di quantità, di peso cartaceo, piuttosto che di qualità? O c'è stata una compiacenza, una compiacenza diciamo eccessiva, di nostalgie e di ritorni, da parte dell'autore, a metter fuori il secondo aspetto anziché il primo? Oppure c'è una ragione più profonda? Un tema assai bello per la critica sarebbe (o sarà già stato, non lo so) far vedere come la forza umana e rappresentativa di La voce di Dio e di qualche altro romanzo o parte di romanzo, se in un certo senso è illuminata dagli altri libri, in altro senso prenda da quelle ori– gini e da quei contrasti un aspetto e un sapore speciali. E quest'ultimo romanzo : La casa del Santo Sangite appar-tiene al-– l'uno o all'altro aspetto di Moretti? Ogni classificazione· rischierebbe d'esser troppo spiccia, né farebbe capire gran che del libro. Basta pro– varsi a riferire l'argomento per indovinare come, almeno nelle intenzioni dell'autore, entrino in giuoco diversi elementi. Una ricca signorina di Cervia (siamo ancora in Romagna), ultima erede di una nobile famiglia, è fidanzata con un pittore, Amerigo. Tutti e due dimorano a Firenze, vicino al Pònte Vecchio. Ma il pittore è, per la signorina Marta Sacco– rna:n,di, troppo « novecentista ii: vestiti da sportman, andatura aitante e disinvolta, alto, un bel ragazzo, tutto forza e salute; la signorina invece è tutta «ottocentista))' capelli lunghi, molto religiosa, ama le belle in– cisioni di un suo antenato che fu gran raccoglitore fli pitture « mac– chiaiuole ii e pittore lui stesso, ed è infine un po' bruttina, o come si direbbe morettianamente, « né bella né brutta ii. Un amorazzo del pit– tore con una miss dà il colpo di grazia al pallido e pure ardente amore di Marta: ella, che non ha parenti; fugge all'estero e va a Bruges, nel famoso beghinaggio. Non sarà proprio monaca, e non sarà più una si– gnorina: vestirà la faglia della beghina, che lassù ha un significato di– verso dal nostro. Senonché, - guardate il caso, - proprio a Bruges ca– pitano tutti gli amici di Marta: un vecchio signore di Cervia, rovinato dalla moglie cantante di teatro, l'amico d'infanzia, Dario, che insegue proprio a Bruges la solita principessa russa o caucasica, ed infine ecco Amerigo, l'ex-fidanzato. La piccola beghina non vuol saperne, ha tutti ibliotecaGino Bfanco
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