Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

500 F. FLORA, Mida, i,l nuovo satiro cipizio. Se non fosse per qtiel sorriso e :eer questo pericolare, verrebbe in mente Le Centaure di Maurice de Guérin. Col quale, per certe bat– tute stabilii'ei comunque il rapporto : e cioè là dove il sentimento panico acq~ista espressione, nell'una e nell'altra opera, Mida e il _Ce~ta~ro_, in lor natura a metà bestiale, uscendo soltanto a mezzo dalla vita md1stmta delle cose universe per conseguire umana coscienza. Qualche cosa di cen– tauresco è sulla f~onte di questo nuovo satiro, anche se non s'affaccia allo spirito del suo autore con tutta la serietà ond'è caratterizzato, puta caso, .il Centauro del Parini o di Gabriele d'Annunzio .. E anche se le antiche favole gli rinascono intorno per rivelarsi poi subito ben morte, non so che brivido si comunica a noi, nell'attimo in cui ribalenano; re– divive fantasie. -Leggete le pagine che precedono il diluvio mitico, nel libro del Flora, e poi aprite il poema di Guérin, per rileggervi di Ma– carée accosciato sulla soglia della caverna, i fianchi nascosti nell'antro e la testa sotto il cìelo. Il fascino cosmico che si sprigiona dalle visioni è lo stesso, nel romanzo come nel poema. Salvo -che la figura mitica generatasi, col suo vasto corteo, nello spirito di Guérin, contemplando questi il Centauro del « Musée des Antiques » al Louvre,. sembra aver perduta tutta la patina archeologica. La quale permane invece in Mida, satiro anche per umane esperienze, per impressioni ricevute da quando, bambino, s'incantava dinanzi a fauni e a sileni del Museo di Napoli, e le priroe imagini delle cose gli si formava]!o dentro- con la luce e il tono degli antichi sarcofaghi e delle pitture pompeiane. Figure di uomini e di' dèi, .di muse e di eroi, di ninfe e sa;tiri e centauri, formicolano in questo romanzo, come statue semoventi o semoventi sagome d'a:ffi:eschi dai colori crudi ed ermetici, discese a vivere, creature fra le creature, · staccandosi ·dal fondo granato dei muri. « A somiglianza di quello de– scritto da Pausania, il tritone, dal ventre in su era umano, con un volto gonfio, con occhi verdi sotto piccola fronte: i suoi capelli erano algosi, simili a foglie, e compatti: il naso come d'uomo: là bocca ampia s'apriva assai quando il mostro parlava: i denti erano fortissimi e bianchi: sotto le orecchie virili, grandi .e lunghe, scattavano due alette rnobili&sime ». Sembra una terracotta colorata. Si, c'è in questa e consimili visioni come una verniciatura da ro– manzo greco della decadenza, per cui le idee moderne medesime acqui– stano non so che lu-strare archeologico, e lo stesso umorismo vien fuori · con insolita luce, e quasi nuova grazia e malizia ..E questo è forse l'aspetto più originale del libro. Peccato che qua e là s'intorbidi o si perda tor– nato Mida uomo, e per l'intervento di tutto un altro ordine di credenze bizzarramente mescolantesi alle favole pagane. Peccato, anche, che que: sto volume ripeta un carattere o diciamo un difetto comune a tutte le altre- opere del Flora: e cioè di presentar l'argomento da tutti i lati, mettendolo sotto tutte le luci, di_saggiarlo, di lavorarlo per tutti i versi e in ogni minima- parte, sfruttandone tutte le possibilità fino a conse– guenze estreme. Così che il romanzo svaria di tempo in' tempo in una spe<::iéd'indagine sistematica su vecchi miti, passati in rassegna o me– glio in rassegne, le quali han l'aria di voler essere esaurienti. L;epopea dei «fulminanti», per esempio, come l'autore scherzosamente la chiama annettendole un simbolico senso, è buon pretesto per introdurre il mito BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy