Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
F. FLORA, Mida, il nuovo satiro 499 che s'allontana, s'allontana. E di Sirena, più nessuna traccia. Solo, sulla spiaggia di Lucrino, un vezzo di perle con appeso un amuleto, che le apparteneva. Mida si persuade che la compagna sia morta anne– gata. Malinconia di Mida, che per poco non cede, stanco di tanta vita, e in cosi squallida vedovanza, a desiderio di morte. E se ancora un in– nesto se lo pratica, è perché si lusinga, domando il regno delle ombre, di ricondurne l'amica perduta. Ma l'ultimo innesto è fatale anche a lui. Entra in catalessi, ed è creduto morto. Come lo portano in cimitero, risuscita (cioè si ridesta) e scappa, passando tutto nudo fra le tombe, come in preda a pazzia. Lettore, hai mangiato la foglia ? Mida è di– ventato l'essere partecipe della natura umana e caprina, promesso dal titolo del .romanzo. Una volta satiro, Mida ritroverà la sua mitologica Sirena, e poiché • ella, da donna, prima di chiamarsi Sirena si chiamava Elena, e visitando la Grecia e poi le rovine della vecchia Ilio, s'era sentita, per mimetismo d'attrice, nascer nel volto e nei desideri subito smagati, una somiglianza con la sua omonima Elena Argiva, puoi scommettere di rivedertela di– nanzi anche sotto la specie di questa. Ma allora Mida sarà tornato uomo. Un uomo, naturalmente, dei tempi omerici. E saran necessari altri in– nesti, sebbene non più di falco o di capro, perché i due amanti possano percorrere insieme ancora tanta preistoria. Certo, inforcar gli occhiali del critico dinanzi a un libro simile, pre– senta pericoli. Già l'idea madre e informatrice di queste quattrocento fittissime pagine, anche quando è più intemperante, si riscatta da se medesima con l'ironia a proprie spese: intendo, che non è più cosa da prendere troppo alla lettera e sul serio, come nella Città terrena, il pre– cedente romanzo del Flora. E poi, a impancarsi a critici, c'è anche il rischio di veder saltar su, dalla pagina stampata, il romanziere in per– sona, a far l'eco buffonesca in questo modo: « il gioco dell'illusione e della realtà, specie dopo la lettura di alcuni libri moderni e segnatamente dei drammi di Luigi Pirandello .... ». Benissimo. Far vivere un eroe oltre ogni limite credibile, per respin– gerlo, con l'esperienza di civiltà di là da venire, a contemporaneo delle ninfe, dei centauri, d'Elena Argiva, sarà anche una trovata letteraria. Flora entra in mezzo, e svolge il suo gioco inesauribile di contrasti e di situazioni paradossali: Mida che non riesce a dimenticare d'essere stato uomo, e che tuttavia non è più uomo; Mida riimmerso in una vita pri– migenia, e ciò nondimeno con dei ricordi invertiti, specie di presenti– menti di una civiltà già sperimentata: Mida satiro e pur spalancante gli occhi su una realtà da archeologo, quale aveva imparato a foggiarsela, uomo e bimbo, nella consuetudine col padre, custode del Museo di Napoli e 'degli scavi di Pompei. Però non direi che tutto il Flora sia qui. E nemmeno che il Flora migliore sia quello, divertentissimo se volete, che nel capovolgere le si– tuazioni a scopo di ironia, sembra entrar in schiera con Campanile e l'ultimo Da Verona. V'han pagine altrimenti suggestive in questo ro- - manzo : dettate da non so che tensione lirica, pur durando la minaccia del dissolvitore sorriso, fatto in esse invisibile, e nelle quali la poesia spiega la voce, sebbene proceda come pericolando sull'orlo di un pre- BibliotecaGino Bianco
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