Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

498 G. PASQUALI, Domenico Comparetti e la filologia ·dél sec. XIX dell'ingegno: i quali ebbe e volle sempre alieni da cure che lo distraes– sero, in una tranquillità eguale che fu, o parve, indifferente persino ad affetti e a dolori, in una serenità, dice il Pasquali, quasi disumana. Io non dico che siffatta dottrina filologica sia ancor oggi accettabile tale e quale: codesta smania e mania di tutto ordinare ed esaminare e i:p.ten– dere sotto luce di realtà, e di una realtà che in sostanza è più di cose di fatti di notizie che non di spirito; che gli stessi documenti dell'arte considera fuori della spiritualità che gli ha creati, e in cui hanno le loro radici ; codesti modi e metodi un poco banali di -pesare noverare misurare cose non sempre o non solo misurabili né numerabili né pon– derabili, già hanno rivelato da tempo anche presso i maggiori le loro maggiori e fondamentali deficienze : delle quali, oso aggiungere, certi atteggiamenti, diciamo, pratici del Comparetti medesimo, possono essere un indice non esterno del tutto. Ma è questione grossa, che sarebbe fuor di luogo discutere qui. Comunque sia, ripeto, la linea centrale del Comparetti, la unità e la coerenza del suo stile; e, dei lavori singoli, le intuizioni precorritrici, come le deficienze, i· limiti, gli arresti; tutto questo il Pasquali, che, pur succedendo nella cattedra ,fiorentina al Vitelli, discende e muove più dal Comparetti che dal Vitelli, ha vedut0 benissimo e benissimo detto : in pagip.e agili e ricche, serrat~ e limpide, e con quell'accento di persuasione eloquente che solo ai signori e ai > grandi signori d'ella cultura può essere consentito. Ci fu un tempo la favola di un Pasquali erudito di una erudizione torbida e rozza, di un. Pasquali tedesco che preferiva scriver tedesco perché non sapeva scri– vere italiano. Fu una favola; e che fosse e sia una favola i lettori stessi di questa rivista possono essere facili testimoni. Di un Pasquali tedesco c'è appena qualche atteggiamento, qualche modo o motto, i quali non direi nemmeno veniali, tanto sono piacevoli : come quando, per esempio, va uno a trovarlo _a casa o lo incontra per via e gli dice « Oh, addio Pasquali», ed egli risponde, grave, « Venerato collega». E al tempo stesso gli si butta addosso con un'irruenza cosi precipite che non ha più niente né di venerato né di venerando. MANARA VALGIMIGLI. FnANCBl!'CO FLORA, Mida, il nuovo satiro. Romanzo. - Ceschin'a, Milano, 1930. L. 15. · La, favola è quest3:. Un'attrice _e poi ballerina, un'Elena che si ri– battena ,Sirena riconoscendosi una bellissima voce s'innamora di un illusio nista, Mida. I due si ritirano a vivere idillica~ente sulla riva del la.go d'Averno, dove ]'illusionista, svariando in una specie di dottor Faust , torna giovane e diventa longevo insieme alla sua donna inne– stando a questa la « sostanza fertile» di un falco e a sé una ghi~ndola ò~ capro. Di tempo in t_empo, l'i~nest~ bis_ogna rinnovarlo: nuova gio– v~nezza,. nuova lunga vita che mmaccrn dl' trasformarsi in una specie d1 etermtà. Passa un secolo, passa l'altro .... Di innesto in innesto paré che Sir~na :ada _acquistando sempre più decisamente certa natura r~pace. Dopo 1 ultimo mnesto, ... che è? che non è? s'ode un canto malioso, BibliotecaGino Bianco

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