Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

492 G. Pa,squali questa volta al Wa:rburg a intendere un contr8JSto culturale, un'evolu– zione nell'anima dei tempi di cui l'arte è quasi un simbolo. Egli prosegue il nascere e le vicende di questo naturalismo :fiammingo nelle :figurazioni degli dèi olimpici, contenute nelle illustrazioni a ~n libretto me?ioevale, al libellus de irnaginibus deorum, di un certo Albr1cus, che non s1 sa bene chi sia ma che forse è tutt'uno con quell' Alexander Neckam de Sancto Alban~ ·chierico dotto morto nel 1217 a Londra 1 ). Egli, e del pari l'altro Inglese' francescano che inserisce nelle sue edificanti considerazioni de– scrizioni di divinità antiche, il cosiddetto Fulgentius rnetaphoralis, at– tingono non all'arte :figurata, ma, attraverso compilazioni latine, a :filosofi greci del tempo imperiale, stoici e neoplatonici, che, per salvare gli dèi, li riducono a simboli. Ma Albricus, che non aveva scritto _per pittor;i, è presto illustrato: e le illustrazioni si rinnovano continuamente nei tre secoli che il libriccino impiega per arrivare dall'Inghilterra, passando per Francia e Borgogna, nell'Italia settentrionale. Gli illwstratori primi sono davvero medioevali e vedono negli dèi simboli e nulla più; ma ben presto i Francesi subiscono influssi meridionali, giotteschi; imparano presto a dare alle loro miniature unità, restringendo il numero dei per– sonaggi. Più tardi anche questo stile muta: ai compositori giotteschi, cosi severi nella loro architettura, sottentra il nuovo naturalismo; le illustra– zioni divengono più narrative, si compiacciono di raccontar •miti come mai sin allora, e non si fanno più scrupolo di allontanarsi dal testo, introducendo figure; né si peritano di disegnare corpi nudi, se pure corpi non ancora classici, anticheggianti. Quest'arte discende in Italia · verso il 1420 e si trasforma colà di nuovo: un codice scoperto dal War– burg nella Vaticana, scritto probabilmente in Pavia, ci mostra una · gioia di vita ormai incontenibile, un interesse estetico che sa allonta– narsi dalla tradizione, ogniqualvolta l'arte lo richieda, una sintesi felice d'italiano e di francese. Verso il 1460 le carte da giuoco cosiddette del Mantegna proseguono la tradizione nordica, .francese dell'.Albricus; ma le figure sinora piatte sono divenute plastiche; e ,una di esse, anzi,· ri– produce una delle antiche opere di arte più celebri nel secolo XV, un Hermes del V a. C. portato in Italia rla Ciriaco d'Ancona. Questo il primo contatto tra illustrazioni che vogliono mostrarci gli dèi dell'an– tichità, e statue veramente antiche di dèi ! Il fregio mediano di Schifanoia mostra, abbiamo detto influssi orientali, arabi e indiani; quello superiore che rappresenta Ù trionfo . degli Olimpi, per quanto ispirato nel complesso a un poeta classico riscoperto di fresco, Manilio, non nrusconde in certe figure influssi nordici o, se -volete, occidentali, di Fiandra e di Francia. Gli dèi incedono su carri trionfali, come solevano ~ncedere le figure mascherate nelle feste del tempo, appunto i «trionfi>>. Quelle feste volevano essere classiche,' ma erano insieme ima continuazione di forme già familiari all'età di Dante, e insieme delle cerimonie della Francia medievale·, il ·paese del– l'Europ3i d'allora più festoso e più cavalleresco; un'altra radice sarà 1 ) .A.nche qui attingo a lavori di scolari : Fr. SAXL, Verzeiohnis astrologisoher unà mythologisoher H anàsohriften vn romisohen BibZiothekoo, Heidelberg, 1915, pp. 67-68; H. LIF.BESCHUTZ, Fulgentius Metaforalis, Lipsia, ~926, p, 16 sgg. BibliotecaGino Bianco·

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