Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
478 A. Baldini per andare à fare la spesa in città, e son più le volte che si ferma jn mezzo alla strada perdendo olio e benzina da tutte le parti che quelle che arriva in tempo utile, detta La terribile. Dietro la casa si sente un tonfo continuo, misurato; è u.n altro contadino che da giorni e giorni sta affondando in terra un tubo di ferro a colpi di martello per trovare una vena d' acqua nel profondo. Beltramelli è certo presente · e tormenta gli stivali col frustino come se gli tardasse di veder spic– ciare sorella Acqua. Non ammette interruzioni al lavoro e farà diventare tisici tutti quanti. Ma l'acqua s'ha da trovare, e la troverà. Ogni tanto leva gli occhi, e con uno sguardo più corrucciato che amoroso squadra la sua vecchia dimora che gli ha mangiato tanti di quei soldi e che resta sempre al punto di prima. Casca da tutte le parti, e tanto valeva rifarla da capo. Belt continua la ispezione mattutina, va a vedere a che punto è il pittore che· dipinge a fresco la cappella, dà un'occhiata al garage, un'altra alla cucina; un'altra alle voliere cinguettanti. Stando alla fine– stra lo vedo andare e venire battendo l'aria col frustino. A un certo . punto il cielo s'empie di fragore e si vede apparire dalla parte di Bagna– ca_vallo un aeroplano. Delle voci risuonan festive sul prato : sono uscite la Maria con lo schizzatoio del Flit e la giapponese con la vestaglia a colori del suo paese, le babbucce rosse e il ventaglio. Il velivolo è sulla casa, tutti stiamo col naso in aria. Maria grida: È Italo ! e saluta col Flit. Tutti salutiamo. Maria sostiene che Italo ha risposto. A me non risulte– rebbe, ma non è escluso che quello sia proprio l'apparecchio di Balbo che da Ferrara va a trovare la famiglia ai bagni. Belt s'eclissa .. Uscendo più tardi di camera sarei tentato di bussare al suo studio, ma mi arresta la scritta ringhiosa in dialetto: N'importa t'entra, ca sò càtiv: meglio che non entri ché son cattivo. Alla larga! .Scendo e nel salone terreno trovo la Maria seduta a un tavolinetto vicino alla gran vetrata con tanto d'occhiali inforcati sul naso che spoglia la posta sua e del fratello. Povera Maria! quel fratello era per lei tutta la ragione della vita, e la cura e l'jdea di quel fratello le riempivan tutte le ore della giornata. Di Maria Pascoli si dice che fosse lei, nel suo a.more troppo geloso, a tenere quasi sequestrato il fratello fuori del commercio di tanta brava gente che avrebbe pur voluto avvicinarlo. Di Maria Beltramelli, forse con minore offesa alla verità, si può contare la favola inversa, cioè d'un fratello che la ritolse quasi a forza dall'eremo de La ,Sisa per metterla a contatto col mondo politico, letterario, teatrale, accademico, dei grandi alberghi, delle ambasciate della Capitale. Ma si capiva benissimo che pur bronto.,. lando e facendo la rustica la cara Maria ci aveva preso un gusto pazzo, a frequentare tanta· gente, a veder tanti lumi, a sentir tanta musica. Ma le ore più belle de La ,Sisa in quell'estate che oramai mi sembra cosi irrimediabilmente lontana eran verso sera quando il sole era calato e la prim'aria pàssava tra Ie foglie dei tigli, e si portavan fuori sul prato le sedie a sdraio e le poltrone di vimini, il tavolo per la cena e il gram– mofono con certi dischi di canzoni giapponesi che ·rendevano nostalgica la piccola straniera. Chi seduto; chi sdraiato sull'erba profumata vola– vamo con la fantasia nei paesi dalle pareti di carta, e la dolce cr~atura m'era cortese d'un'infinità di chiarimenti alle domande che facevo sui costumi di laggiù. Finiti i dischi la pregavo di riportarmi in patria, BibliotecaGino Bianco
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