Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
Beltramelli a Ooccolìa 477 potente d'un motore. Era Belt che rientrava o partiva per lé sue spedi– zioni. Ma tutte le cose in mezzo alle quali uno si trovava a stare lo richiamavano al punto, sentivano talmente la sua scelta, erano talmente colorite del suo colore e tagliate a sua immagine che anche quando Beltramelli aveva travalicato l'Appennino l'ospite aveva l'illusione Lli seguitare a intrattenersi con lui. La consegna era una, e la stessa cor– dialità che avremmo letto sulla sua faccia di brontolone la vedevamo tradotta in sereno nel viso di tutti gli altri abitanti de La Sisa, a co– minciare dall' infaticabile e impareggiabile sorella Maria per finire ai contadini che sbrigavano a piedi nudi, silenziosi come gl'indiani, i ser– vizi di casa. E curiosamente intonata all'ambiente s'era oramai anche la leggiadra creatura che Beltramelli s'era scelta per sposa, una giapponese che all'occorrenza se la cavava anche in dialetto romagnolo, con una così adorabile pronuncia che uno non si sarebbe mai stancato di starla a sentire. · .Il concetto di vacanza, smarrito dal giorno che avevo lasciato ìe scuole, ospite di Beltramelli lo ritrovavo intero. Il divertimento co– minciava la mattina, aprendo gli occhi e trovandosi in capo al letto una scritta invetriata che diceva qualche cosa come : Dormi bene mio tesoro, e tutt'intorno per le pareti quadri, xilografie, ritratti di donna con dedica in tutte le lingue d'Europa, trofei della giovinezza romantica di Beltramelli. Soprattutto, quante xilografie ! Per anni e anni i pittori romagnoli, influenzati, credo, da De Carolis, non hanno fatto altro, alcuni spiegando anche un raro talento, una squisita delicatezza. Tutti gli ar– tisti di Romagna fioriti sul principio del secolo si può dire che siano stati ospiti de La Sisa, e sia per debito d'omaggio che per conforto di mecenatismo tutti hanno lasciato qualche vestigio della loro arte entro quelle vecchie mura, come nella corte d'un signorotto del buon tempo antico. E forse non sarebbe difficile ritrovare forme e spiriti dell'arte beltramelliana riflessi nelle opere di più d'uno di quei pittori, in quel periodo; nel gusto esagerato di certe stilizzazioni, per esempio. Più volte Beltramelli aveva cercato di prendere in mano le fila delle varie · arti della regione, creando punti di contatto, fondando giornali folclo– ristici come Il Plaustro, La Pié, vagheggiando «raduni» e simili. Se non che era uomo d'immaginazione troppo galoppante, di curiosità troppo inquieta, e appena finito di pensarne una bisognava che ne pen– sasse subito un'altra. Stava dietro a tutto, ma poco durava. Molti libri che mi capHarono in mano a La Sisa erano tagliati a metà e chi sa quanti n'eran volati dalla finestra. La fretta era la sua Musa, disgraziata– mente. Difetto romagnolo se altro mai. Il letterato di Romagna o è u:& classicista che siede sul marmo o è un romantico che siede sul fuoco. Oriani, Beltramelli sedevano sul fuoco. Tirato giù appena un disegno piovevano il colore. Non mi ricordo d'aver mai visto Beltramelli altro che andare in fretta. Gli usci sbattevano sul suo passaggio. · Mi pare ancora di stare affacciato alla finestra della mia camera a La Sisa. In capo al viale è issata un'antenna. Se inalbera bandiera giapponese è segno che nella notte è arrivata qualche visJta gialla. Ottorino, uomo di fiducia, sta gonfiando le gomme d'una macchina anti– diluviana, la prima ch'ebbe tra mano e' sgnurèn, che adesso serve solo BibliotecaGino Bianco
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