Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
La casa nuova 329 oapi,tam ogmi ,settiJm.1aJI1a , lla medesirrrua om, l'ora del dopo cola– zi01I1e, che tutti ,sono ipes3Jlltie che l'appilll'tarrnento si vuota pian rpii3Jllo wme le ,strade, e tutti si ritir3J llo oo!llgestion aiti in C3il1l.erao escolllo per gli a:ffiari succhia111douin-0s,tm.zzicaderu.ti,quelll'oi:ra iin cui due coil.'– renti contrarie si urtamo fuori e in rasa : fuori, in ulll muliinello di polvere che runnllillzia il cia,mbiar dei venti dalla ma;t,tiina a.I pome– riggio ; in ca,sa, in una s,pecie di irritabilità irn ,pelle iin pelle, data dallla digestiO!lle e dalla poc,a voglia che h 1 a ognurno d_i riprendere le ·proprie -0ocupazioini. Al1ora V'€1Iliva l'i!llidividuo. SpeS1so gli fa– cevamo dire che n,0111 c'era !Iless'llllo.Ritorniav,a •sempre; trovasse gerute o no. Veniva a far visita. Qualche volta, (Dio !lILÌ preservi da oo:rrti ,orribili' ricoir,di) cap1i.– tava, •urnrtuoso, circospetto, ,stropiccia1J1dosi le mruni, parlando un ro1maniino di quelli pretini, coill ll'e al posto dell'a) tutto fritt elle e bra.caloni, il sigmor Giggi che. era il padron d[ c,a;sa, uomo ava.ro come niu,n altro mai. Suona:va ,disc~etaa:nente aJlia por,t'a di ,servizio e, aid aprire, veniva ·dii -soliJto Ullla s,er~ la quale, nel vederlo, ri– ohiudeva ,subito la po,:ria togliendosi :iJlgrembiule' sporco e dicendo: - ScUJsi, ,scusi, vaido ad aprire di là .... - Ma il signor Giggi in- s1steva: - Non :importa, no111 im,porta ... , entr-0 di ql\li..., entro dli qui ... , non v,o,rrei scomodare nessuno ... . Ed ootrava il signor Giggi, untuoso e cliircosipetto, reggendo in maino la papalina; e, rivolgendo qualche dOIIIlaindaiinquÌisitrice alle pellsooe di ,s,ervizio, sciruitav,a i mm'IÌ e la carta alle pweti e i mobili, e i ipaviimenti, se Ile mattonelle fos,s~o smosse, e provava le serra– ture e diceva: - Non vorrei scomodare nessUII1O .... ' Quell'omino mi faceva graill paura. In casa mlia ne parlwv>3)!IlO eio1I1 ia.stio, qul3JsiSffillrprea bassa v•ocie.Il po1rrtiere l'a,veva sop,ranno– milllato: ,sor Giggi Petecchia. Ne avevo sentite dir ,tante, che m'ero fotrta di lui 1'1m:magillle del deono111io : e dli.cevano che aveiva frutto morir la moglie per no111chiamare :hl medico e nolll riscaildargli 1a crusa, ·e tainte altrre cose mai ,dicievano o 03/V'avwnodi so,ttorterra. E poi, Uill giorno, sentii 1m0Dm'(hl'la,re di iprunto in bi3)!Ilco,che stroz– za.via, 11agente. Anche più tardi, qoondo capii cosa v;olesse di,re, 1 mi restò l'impressione di questo vecchio,t1io cerimonioso e mendo che, d'Ulll tratto, .si fuceva terribile e S3)!Ilguinario e, mc, in u111 rien– tro ,di muro, dietro una -poirta, -spicClalildoun salto rugilissimo, col pastrano e la paipalina (lllollloolil l'~hito d'occ 1 asione d,el boia o del macellaio) !Ill'a cosi, ,semplicemente, oollle l'occupazLO!lle più sem– plice della giornata, quaisi c-Ollleun viziio, ziac, strozzava la gente. E ripetevo tra me e me strane parole che mi ipareva lo dipin · gessero musicalmente: strozzino .... noircilll!o .... malMJ.driino.... L'ultima volrta ohe venne, pretese 111I1 1 a 1solil!IIl~ che la mia fMD.i– glia gli dovevia; e poiÌ.,divenendo più o:nielli:fluo e W0001I0. 1 odante, p~o– pose che mio padlre ,gli pagasse, suJlla solIIlJmia, cei:rtipiccoli illlteressi. ... BibliotecaGino Bianco
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