Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

268 P. Gadda strali, i111seguendola, si posaron sul mare, :fiaochi, come stirunche rondini. Le pecore salviate formavano un pioc,olo drappello, capeggiato dall'ariete nero; qrualciuma er-a ferita di dardo ·avvelenaito, e bi– sognò :finirla. Tèlemo accar,ez21avaor l'u111aor l'alt:ria, pensando fra sé « 1 semp,re meglio dli 111ul11a ! >>. - Spero, - ;gli disse a,stioso Fed1mo, - che offrirai urn pranzo ai tuoi compagni d'arme. - Tèlemo promise, e tutti si rallegra– ro1110 in cuor loro, per,clié l!a casa di Tèlemo era f'81mosa per la cucma. A bordo della 111ave, fr,attJanto, il Lerdo Straniero ordinò che oessasse il battito dei remi. Fattosi al parapetto del castello di poppa, e imboccata uina specie di buoci111a, che gli serviva da me– gafono, rivolto alla oosta, aprì il volo a queste parole : - Iimpa.rate, o ,sdoccOIIlipastori, come l'a,s1mzia vinca la forza! Voi avete graµdi muscoli e membra 111odose:ma un piccolo stra,_ niero, un omarino da nulla, un pitoçco (tale mi avete giudiciato, nel vostro ridico1o orgoglio) può beffarsi di voi, e111trare111elle vostre case, mamgiare, bere .... - e cr,epare ! - disse Arcisio tra i denti, ripensamdo la fossa fresca vicino alla cave~na. - .... e poi ,amdarsene colle vostre greggi, o to111tissimigiganti'· Da questo giorno, e dopo questa lezione, spero oinorerete l'ingegno sopra ogni cos:a. E ,sappiate, o zotiooni, che chi vi ha beffati, e vi beffa, è Uhlsse, il Re d'Itaca: che penserà a voi in questi giorni, cioncando il vostro vino e 0iddentamdo, ben rosolate allo spiedo, le vostre caprette. Orai tornate alle vostre case, e ooltivate il ricordo d'Ulisse; par– làtene mi figli, aJ. nipoti, che il suo 'l'l{)IJDe, iper molti aami, no111 si spenga, attorno ai v,ostri fooolari. Ulisse 1110n vi vuol male. 1111 fondo siete della buona gente: ,avreste solo bisogno di un Ulisse ogni tamto, per aguzzarvi l'ingegno. Quanto a ,quell'omone oon Ulll occhio solo, a, quel guercione me– lenso, di,tegli pU!I'e dia parie mia .... - Ma norn fu possibile sapere, né allora, né più tardi, che mai Ulisse volesse dire al padre di Tèlemo, perché in quel momento Ulll rombo improvviso feoo volgere tutte le teste, dalla nave e dalle sco– gli~re, al Vulcano. IV. 1L VULCANO. U111 alto pennacchio di fumo n~ro s'era levato sop,ra il mozzo cratere. Denso, oompa.tto, si gonfiav:a sul cielo terso mettendo fuori globi e volute mutevoli, i111defesse, rigermoglianti dall'Ìliltimo, BibliotecaGino Bianco

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