Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
Ulisse e i Ciclopi 265 ,nata, segnarono chiaramente il passaggio del gregge. Un'aria opu– l~nta, ben diversa da quella sà.lina e ardoote della sp;iaggia, spirava. tra le molli felci e Ile fmsche. Nèrito era, ra;ggiante, e Tè1emo gli stava al :fianoo, con una freccia in0occata nell'ar00, pronto a farla volare nel gozzo d-el Lercio Straniero, tendendo l'orecchio, se mai si udisse, m~l silenzio, silva;no, lo zocoolio della maru.dra fuggente. Fedimo, in cuor suo, geloso di Tèlemo, speravia in un fiasco. Giun– sero ·aiduna schiarita del bosco, dove il suolo era duro e roocioso, e nulla serbava la traiccia d!egli :1,oc0oli,dei velli, delle corna ca– prine. I ragazzi, perdute le peste, rimasero interdetti, l'un l'altro guardamdosi morti:fioati, non sapendo che far,e. Buo111 per loro, che avevano un saggio nella brigata. Arcisio si era seduto sopra uin sasso, e meditava. l oompagini, ansiosi, guardavano a lui, aspettando c;he un lampo di genio schia– risse loro la strada. A che pensava, Arcisio ? · La sua mente, scaltrita nella ricerca degli invisibili :fili che ser- rruno come in una rete, palese solo al saggio, azioni umrune ed eventi naturali, ,si chiedeva se era possibile che cinquanta, e più, tra pe– core e capre, senza contar qualche ariete, fossero passate attraverso uina selva, senza lasdar qualche tr·accia di sé. La mente di Arcisi:o, fortunatamente, 111-on si arrestava alla so– glia dei problemi. Un altro si sarebbe ·aooontentato di ricercare le traree meccainiche del gregge : 1soal:fitture nella scorza degld. rul– beri, bioc0oli di lana impigliati 111ei rami, gocciole di sangue sopra le spine dei pugmitopo : ma nulla di tutto ciò era visibile i111tomo. Per la durezza del suolo non c'erano orme, né fonde, né lievi. In questa sfortunata situazione, un altro si sarebbe perdJuto d'animo; non oosì Arcisio. Immobile sul suo sasso, egli pensava senza tregua. La genialità non è, talora,· che la c·apacità di calarsi nelle si– tuazi0111i.Arci.sio si mise, dioo mentalmente, nel vello delle peoore, si sentì pecora, fu pe0ora, dalla fronte pensosa al tallone, pecora filllo all'osso. E si chiese: che -poss-ofare, io, pecora, attraversando ullla selva? Trotto zoccolando tra gli alberi, scrollo la campanella che porto al oollare (ma forse i ladri me l'hanno tolta), levo qualche affettuoso belato, annuso qua e là tra gli arbusti l'erbe che mi son care, bruoo, e .... A questo punto nella mente di Arcisio si p,rodl).sse la sci111tillageniale. Come semi paradisiaci, 0ome nere perle, oome còccole aulenti, si affacciò alla sua memoria l'imagine di oerte pal– lottole brune, 111On propriamente dure come giada; ma di una certa sucoosa ,sa.ldezza, no111 iriluceinrticome crisòliti, ma, s,edi fresca data, madide di un delicato sudore, non fragranti, ma tuttavia capaci dì far peryenire alle nari qualche messaggio della loro presenza. A questa apparizione Arcisio balzò in piedi, l'occhio ispirato, la fronte sorrasa come da u111a luce profetica, il labbro fremente. Feoo •pochi passi, come guidato da messaggi oel,esti, gettò sul ter- B1bltotecaGino B1arico
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy