Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

Ulisse e i Ciclopi 261 rore dell'alba. La luce del giorno aveva loro svelato i lineamenti della terra selvaggia: tale era loro sembrata la 1I1ostra civilissima campagna! A.fframti dal naufragio, s'erano messi Ìlll marcia alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i deinti, ed il destino benigno li aveva condotti in oospetto dei nostri formaggi. La caverna era apparsa ai loro sguardi affamati come u111 dOlllo del Cielo, come la Terra Promessa,. come l'Eldorado; e ci s'eran buttati dentro collo slan- cio e l'appetito che vi ho detti. · I ragguagli sul golf.o del preteso naufragio era!Ilo alquanto con– fusi, ed avrebbero dovuto metter,ci in sospetto, ma, lì per lì, lllon ce ne demmo pensiero. - Dfanodoché, - dis,se \IlÙopadrre, sempre t['oppo buo1I10, !impie– tosito da questo racconto, - ora IIlOIIl avete più modo di ritornare alle vo,stre case ; come penswte di ca,llliPa,rla vitta ? - Se Lei ·avesSJeda &i,r,ci quail.'Cheposticino ... , - ,sospirò lo Stramiero, con aria contrita . .Mio padre li squadrò sem,a entusiasmo: stenterelli come erano, non promettevamo nulla di buolllo. Ma si poteva sperare che il 1oro impd.ego avrebbe ribassato i salari. Perciò rispose : - Ci penserò. Intanto, per questa notte, dormite ,qui; IIlOnaggiungo mangiate, perché temo che arriverei troppo tar,di. A doonruni. Così. oe ne amdammo, ·e tornammo a casa. La maimma ci aspet– tava sulla soglia dell'orto, ed appena ci vide oomparire in fondo al viale cominciò a sgridarci per il ritardo. - Vecchio bighellone, ciòndolo da OSlteria, - diceva a mio padlre, - ti par l'ora di Tinoa– sare? - La minest:r~a era fredda, e, per tutto ,il tempo della cellla, la mamma ci tenne sotto il suo sguardo severo. Arriv0ito a questa rà.ev ,ocaziOIIle delle furie IJ1IBlterine, Tèlemo tac– ·que un istante, oom e ancor a spaurito, poi riprese : - Mi caschi la lingua, mi puzzi il fiato, mi vengano i piedi ,piatti, possa prender il morbillo, la risipola, gli orecchioni e la varicella, ed esser boc– ciato a tutti gli esami. ... - CàJlmaiti, Tèlemo, abbi pazioo~a., vieni al fatto, - ,gli diceva!Ilo i oompagni, per arginare il fiotto delle sue imprecazioni. - .... insomma mi capiti tutto il peggio, se mai io mi lasci tur– lupinare da lerci stranieri, oome accadde a noi questa volta. Sta– mrune mio p™1re, alzando il !ll0JSO dwl caffelatte, mi ,dioe : « 'Dèletmo, va' a dare un'oechiaita a quegli stracciollli >). Io p['endo il mio bastOIIledia P'astore e, illl quruttro salti, scendo canterellando alla spe1o1I1ca. Il mare em placido e chiaro, lumfaiosa la spiaggia; mi sentivo di buon umore. · La .gramde caverna era fresca, rugiadosa .... e vuota. Degld. stra!llieri nOIIlne restava!llo che tre o quruttro, crepruti di indigestione. Colle prunce -aill'aria, erruno sparsi negli oogoH più BibliotecaGino Bianco

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