Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
G. DE PouRT.A.LÈS, Nietzsche en Italie 383 l'ultimo Nietzsche .... L'eroe, nell.a sua assolutezza superumana, epiloga in un tragico disperato furore, nella follia>>. _ Al· Pourtalès non sfugge la fatalità dell'epilogo; ma egli non è chiamato a giustificare, in un senso qualsiasi, l'ideale nietzschiano, bensì ad opporre alla povertà e freddezza del mito superumano la tragedia umana del protagonista. E il libro ch'egli dedica alle peregrinazioni italiane di Nietzsche ~ all'influsso esercitato dall'ambiente italiano sul suo pensiero, è veramente degno dell'assunto, nobilmente ispirato alla grandiosità della tragedia di colui che, dopo aver creato Zarathustra, gli sopravvisse dieci anni nella desolata solitudine. della pazzia. La prima stazione del pellegrinaggio italiano di Nietzsche è Genova. Autunno del 187·6: Nietzsche fugge il proprio passato, si strappa dal cuore la giovinezza. Ha trentadue anrii, e si propone di ricominciare a vivere. Rompe tutti i ponti, e il primo sacrificio .è quello del segreto e profondo amore per Cosima Wagner, sogno·intellettuale senza speranza. Anche « l'uomo di Bayreuth » non è più nulla per lui, da che è caduto nella gloria- popolare. Il giovane professore dell'Università di Basilea, partito in congedo per l'Italia, deve rifarsi spiritualmente e fisicamente, rinascere alla vita e all'arte nel sole mediterraneo, guarire anche di quelle violente emicranie che lo. martirizzavano e gli toglievano a poco a- poco la vista. Un malato desideroso di rinnovarsi : tale approdò Nietzsche sul suolo italiano ; e il Pourta1ès lo segue tappa per tappa e l'accompagna con la calda simpatia del suo commento da <Genova al– l'eterna primavera sorrentina e sicili~na, primo contatto col mezzogiorno chf' apre al viaggiatore le immense riserve della speranza. Tre anni dopo, Nietzsche è di nuovo in Italia: ha rinunciato all'inse– gnamento, è definitivamente libero, ha sofferto e meditato e lavorato, e lavorerà ancora nella riacquistata pace. « Ho sofferto e rinunciato a tante cose, che non v'è asceta alla vita del quale io non abbia il diritto di paragonare la mia in quest'ultimo anno. Ma la mia anima ha guada– gnato in purità, in dolcezza, e nol!l. ho più bisogno della religione e dell'arte>>. Scopre, in questo stato di grazia, Venezia e, come Ruskin, vi saggia le proprie intime fonti di consolazione. Per Nietzsche, sfuggito alla galera pedagogica, Venezia è la meravigliosa città del silenzio e della libera meditazione, la città « dalle cento profonde solitudini » com'egli la definì. Per lui non le chiese contano, né Tiepolo, né Tintoretto, né i Dogi o il Ponte dei Sospiri, nessuno degli aspetti tradizionali di Venezia: egli non freme che 11lle gioie del pensiero fuse nella musj_ca delle parole, e dal suo appartamento sulle Fondamenta Nuove tende l'orecchio all'intima armonia di Venezia, che offre al veggente quasi cieco anche il conforto delle sue ombre pietose. Un biografo di Nietzsche citato dal Pourtalès osserva che il filosofo « ha sempre scelto mirabilmente le proprie dimore»: Venezia, dunque; poi ancora Genova che gli piace per la solidità imponente delle sue costruzioni, per quel senso di città sempre visibile e presente a se stessa, in lotta perpetua con la prossima montagna,: come Valéry ha rilevato; e infine Torino·. Mentre Roma, cattolica e papale, non dice nulla al cuore pagano di Dyonisos ; e Firenze gli offre la fresca serenità dei suoi colli. Ma, cosi a Roma come a Firenze, fu soggiorno breve. La sua ultima e ibliotecaGino Bianco
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