Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
380 G. DORI.A., Del colore locale ecc. sono i più, di regola quando sento gemere e piangere sul « colo_r locale» che se ne va, volto gli occhi da un'altra parte, ché sempre triste fu lo spettacolo delle lagrime sulla faccia degli scemi. , Per affrontare l'argomento del ·«color locale l>, e poi a Napoli, non ci voleva meno dell'ingegno di Gino Doria. Questo Gino Doria che i let– tori sempre meglio conosceranno, ,è scrittore che vuole per sé due parole. Fino a ieri, fece e fece bene, il giornalista, girò il mondo. « Fiutavo l'antimonio anziché la polvere degli archivi ... ; nessuna biografia natu– ralmente mi sembra più bella della mia, con tanto mare che ho solcato, e tanti lontani paesi che ho calpestati, e tanti uomini che ho conosciuti, e tanti libri letti, e tante musiche udite (taccio il resto per pudore) e tanti pensieri generosi che hanno accompagnato la mia giovinezza, e mi ac– compagnano ora in questa tranquilla maturità studiosa». Ohe ne dite ? Ci si sente il giornalista napoletano, che scrisse nei fogli di Don Edoardo Scarfoglio e della ,Signora ,Serao. E questo stesso giornalista, senza nep– pur dimettere il monocolo, passa ora le sue giornate nelle sale 1 dellru biblioteca di Benedetto Croce, « il paradiso per· un Magnabechi, per un topo o per Tammaro De Marinis )). E già il giovane bibliofilo è cosi ar– mato, quanto l'uomo è esperto. Se occorre, Don Benedetto lascia che il giovane amico tratti lui una partita di libri, o gli sbrighi un seccatore .... Gino Doria ha ora per le stampe una storia del brigantaggio, promette una storia di Napoli, ha dato all'Enciclopedia Treccani «voci)) che son sembrate, non d'un giovane, ma d'uno più che esperto. E dunque il giornalista è finito ? Direi anzi che in Gino Doria il gior– nalista (per ciò almeno che questa qualifica porta con sé di buono, l'acume, la prontezza, l'efficacia) il giornalista oggi è più vivo che mai. E torniamo al « color locale )) . Il colore napoletano era di per sé materia molle, povera o depaupe– rata; di quegli argomenti, di quei tèmi che, per chi ami la pulizia della penna, solo a proporseli, c'è da sentirsi venire l'uggiolina allo stomaco. Chitarra e mandulino. I più infatti che l'hanno trattato o che lo trattano lo fanno quasi in concorrenza di quelle luci, di quelle voci, di quei tre– moli. Ohibò ! Che cosa ha fatto invece Gino Doria ? Ha ravvivato il colore napoletano per via di reagenti, ha insaporito la pietanza sciocca coi sali più adatti e che erano anche i più piccanti. Non solo ha messo in opera il buon umore, lo scherzo, l'ironia, il persifiage, ma, a discernere il vero dal falso « color locale l>, e cioè il sentimento vero dal falso senti– mento, la Napoli del suo cuore d'uomo esperto e colto da quella in tri– cromia per i forestieri, gl~ è servita anche la storia, l' erudizione la bibliografia, e qua e là magari una notizia rara di più un pizzic~ di pedante. Ne è venuta fuori una schermaglia assai curios~, una polemica dove il ,giornalista e l'erudito, il bibliofilo e il perditempo il napoletano e il_gira~ondo, il redattore in mon?colo della Signora Sera'.o e lo .studioso amico d1 Benedetto Croce, magari nella stessa pagina si scambiano la voce e le parti. Sotto a chi tocca! Il giuoco è ben riuscito : le soluzioni e le fratture del discorso, i passaggi di tono, sono ora acuiti ironicamente ora coperti e nascosti, con nativa abilità di scrittore. ' I nemici di Napoli che il Doria ci mostra sono molti e come succede quasi tutti in veste di amici. Eccone un gruppo. « Molte degnissime per~ BibliotecaGino Bianco
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