Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
I A. BoNS.A.NTI, La serva amorosa 379 La serva amorosa, che non ha più nulla in comune con i musicali studi che formano tre quarti del volume, ,è corso ai ripari. Nella Serva amorosa la materia ,è presentata a spigoli, la narrazione si fa complessa e discon– tinua, lo svolgimento in superficie si rende difficile; e il racconto, - che pure ha interni e descrizioni di più accentuata vigoria e dimostra un'at– tenzione nuova ai fatti della vita interiore, - oscilla tra il tipo regio– nale ben noto e alcunç,hé di meglio definito e personale, che tuttavia non appare del tutto raggiunto. La stessa difficoltà che proviamo a rias– sumerlo in un giro di frase e ci consiglia ad affidarlo al lettore (ne vale la pena), rivela che costì l'equilibrio ordinario dello scrittore s'è spostato. E possibile, è anzi probabile, che un Bonsanti più profondo nasca di qui. Potrebbe esserne buon segno il tentativo di risolvere in un caso e in una figura viva quel sottile spirito aforistico e proverbiante - pe– dante mai - che circola un po' dovunque nelle novelle del Bonsanti. Ma è appena un indizio. E a noi bastano largamente, per ora, i risultati dei racconti poc'anzi rammentati. Se la felicità espressiva, il dono, con– tano quel che contano, con pace dei moralisti, in fatto di poesia, il Bon– santi ha già il diritto di essere considerato, come suol dirsi, «qualcuno>>. I suoi scritti hanno il privilegio, pericoloso ma autentico, di esser già fuori di quel grigio sperimentalismo che travaglia molti dei giovani d'oggi, anche tra i migliori. Perciò, si comprende senza fatica come questo esordiente, fino a ieri del tutto sconosciuto, sia comparso nel- 1' occasione dei due recenti premi Bagutta e Fiera letteraria, nell'eslguo gruppo dei più discussi e pericolosi fi.nalisti. Parola, ahimè, doppia– mente impropria, trattandosi di uno scrittore (anche in questo, moderno o antimoderno ?) che se ne va a piedi molto tranquillall)lente e non ha nulla di sportivo. Grno DoRrA, Del colore locale e altre interpretazioni na~oletane. - _La– terza, Bari, 1930. L. 10. « Color locale))' è una di quelle frasi che nascondono indifferente– mente il bene e il male; frasi che ora esprimono una giusta idea, un sentimento vero, e ora nascondono una stupida esteticheria, una senti– mentale scemenza. « Color locale>> è la pàtina, il colore che i luoghi, le città, le case, pigliano dal tempo, e ciascun luogo, ciascuna città, cia– scuna casa ha così il colore suo caratteristico, che è la sùa nobiltà, il suo decoro. Non ha« color locale>> ciò che è nuovo, anche se bello, finché nuovo. II « color locale>> è il naturale accordo, il patetico compromesso tra il tempo che passa e le cose che restano. Come non esserne toccati ? · ; Tutto ciò è vero : ma è altrettanto vero che tra il nobile colore lo- cale e la ignobile sporcizia il passo ,è così breve che spesso non si di– stingue l'uno dall'altra. E si aggiunga la pigrizia, l'ozio, la negghienza. Si addormenta spesso nel « color locale))' ci si imbozzola, chi ha perso la capacità di reagire alla vita, di creare il nuovo, di goderselo. Così avviene che in ogni città gli innamorati del « color locale>> si reclutano ugualmente tra i più vivi e i più nobili uomini, come tra i più disutili e i più poltroni. Ma poiché i disutili e i poltroni, come natura vuole, ibliotecaGino Bianco
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