Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
378 A. BoNSANTI, La serva arnorosa maremmano fanno tuttavia pensare a fatti còlti con indifferenza nella vita di tutti' i giorni, ma contemplati, altri l'ha già osservato, col bino– colo alla rovescia, da lontano. Se è stato detto di un altro giovane narratore, Arturo Loria, in questo solo affine al Bonsanti, che alcune sue novelle hanno l'aspetto di brillanti en marges del Gil Blas o dei romanzi picareschi, si potrà af– fermare del Bonsa.nti che il primo impulso a narrare dev'essergli venuto d~lle pagine dei racconti italiani di Stendhal, delle Confessioni del Nievo e magari dei Cento anni del Rovani; e l'osservazione, se intesa come sem– plice metafora, non sarà forse infondata. :Ma con tutto questo saremo sempre lontani dall'aver trovato il« recipe» dell'arte del Bonsanti: sorte ,comune a tutti i ricercatori di ricette letterarie. A che attribuire dunque il reale interesse de La serva amorosa ? L'invenzione non par molta in questi raccontì, né di prima mano. Si legga Viaggio: due bande di briganti che s'incontrano in un ripido canalone, due capibanda che raccontano storie allegre; poi una schiera se ne va all'insù e l'altra se ne va all'ingiù. L'Adriana: donna di teatro che va a tentare un prete di poca vocazione e riuscirà a fargli buttare la tonaca. Un matrimonio combinato: il giovane protagonista (((il perso– naggio che dice io», direbbe un critico elegante) arriva a Firenze gran– ducale, s'innamora della cugina, si dispera credendosi indegno di lei, e solo all'ultimo s'accorge che l'idillio era stato preparato da tempo, dai parenti suoi e della fanciulla. Una partenza contrastata: partenza per la villeggiatura, contrastata dal capo-presidio di Talamone, un colon– nello Turg, che teme le scorribande dei briganti, e favorita dai banditi stessi, assai piacevoli compagnoni e conversatori. Una partita di caccia, con relativo incontro di perfettissimi briganti ((in incognito», mangiate all'aperto, ((nature morte ii e stupende descrizioni naturali. Quello che re.sta fuori di questi magri riassunti è il tono del narra– tore: la tranquilla, continua e, ci si passi l'esagerazione, quasi mozar– tiana euforia dello stile; una felicità che appena, e raro, appare turbata da qualche inversione formale o sprezzatura sintattica. n Bonsanti è anzitutto un raccontatore di vena, lontano per temperamento dalle ten– tazioni liriche e impressionistiche <;lelle ultime ,generazioni; e sarebbe vano, peI' il suo scrupolo del ((genere ii e per il suo. gusto di una prosa nettamente, dichiaratamente prosastica,' considerarlo meno ,((moderno ii d'altri giovani.· Tutto suo è anzi lo sta.eco elegiaco che gli fa proiettare in altri tempi e in altri costumi le sue semplici e quasi infantili figura– zioni; acuto è quel senso del taglio del racconto che fa mirabile la Par– tita di caccia (la composizione più bella della raccolta) e suggestive Viaggio, Una parte.nza contrastata e Un matrimonio combinato· tut– t'altro che inattuale, infine, e non priva di significato almeno neÙe in– confessate o inconscie sue determinanti, è quella su~ patina dorata e a,utunnale che ha fatto ricordare a un attento lettore del libro i paesaggi della scuola di Barbizon. Qualcosa che ritiene di un'icastica un po' con– venzionale si fa notare, più che .altrove, nella seconda parte del Matri– monio combinato. E in genere il pericolo della decorazione fine a se stessa, della variazione su motivi stanchi e irripetibili, ~i avverte in vari luoghi del libro. Il Bonsanti se n'è avveduto, e nell'ultima novella, BibliotecaGino Bianco
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