Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
372 V. UAROARRLLI, 1l sole a piooo offenda la chiarezza, nel vuoto. Quando dice, ad esempio, che l'estate cade « prostrata in riposi enormi», tut~i sentia~o che q1~ell' « enor~i » è, non foss'altro una infrazione alla delicata e grnsta tessitura del ritmo; quel ritmo prima lento, scandito, certo, e così appropriato. Oggi questo, forse è più facile riconoscerlo; ieri no, quando, nella recitazione, anche quell~ parola pareva s'intonasse e riposasse nel verso, in virtù d'una maggiore estensione, almeno, che dal solo diFla la parola prendeva; e non era poi che un'impressione dell'orecchio, e dell'orecchio soltanto. Per definir meglio, o spiegar meglio, pensate un poco alla poesia di Ungaretti, la più nuova certo che sia nata in lingua nostra negli ultimi trent'anni. L'occhio sulla pagina non ha ancora ritrovato le parole, quelle poche, smarrite e necessarie parole, che il cuore ha già avvertito un_a musica che ci meravigliamo possa muovere da segni così spersi e lontani. Se la poesia di Cardarelli io non so pensarla che recitata, e alla recita– zione dover sempre qualcosa, quella di Un,garetti mi par la voce diretta dell'anima che, ripiegata su di sé, s'ascolta. Ogni mezzo dell'espressione par consumato, per render più viva questa impressione, direi questa per– suasione; e in tal senso si può dire che Ungaretti veramente qualcosa ha riscoperto nella parola, dall'intonacatura letteraria che i secoli vi avevan sopra formata. Canto spiegato questo non è, ma musica certo, direi una rivivescenza di musica nata e subito sparita. Ungaretti, per intenderci ora, non saprebbe che scrivere in versi; e Cardarelli, portato ùalla sua natura drammatica, che tutte le volte muove di sé il bene e il male, non potrebbe che scrivere in prosa. Da quelle prime trascrizioni dannunziane dall'Alcione, la sua pa– rola, a mano a mano, è cresciuta d'intensità e di passione, è andata obbedendo a un rigore d'intelligenza critica, senza veli, crudele; e di qui è nato quel suo linguaggio pensato, profondo, quel suo stile ombrato e balenante e, anche, com'è di ogni cosa a fatica posseduta, una compia– cenza a volte sofistica. La sua penna ha trovato, nei paesi prima, da incidere i suoi segni vivi, e dai paesi al suo paese, con più abbandono, fino poi alla sua vita. ,Sono gli argomenti prediletti di Cardarelli, Lago, Elegia etrusca, Insonnia. Nei suoi libri precedenti, non è dato così fa– cilmente trovare tre cose di questa forza, tre tappe come queste del suo cammino d'artista. Ora, come Cardarelli, con l'animo suo, e con l'im– pegno di tanta sua passione, si sia messo una volta a scrivere le Favole della Genesi, lui così profondamente ,e dolorosamente realista, non si sa. Senza fantasia, se non forse quella che gli raggiò e rimase solo un desiderio, a legge~e certe prose leopardiane, con la complicatezza e l'af– fanno del cuore di un Rimbaud, e la crudeltà intellettiva l'avventante intuizione d~ ~ietzsche; senza quella dorata familiarità di linguaggio, tra la semplicità ad~rna e la più ferma assolutezza che era di Leopardi solo, e che Leopardi aveva scoperto per sé dai suoi studi e dalla sua esperienza lontana, prima che dalla sua pur lontana e ricca consuetudine con i classici; col suo bisogno invece sempre costante di cercar terra, tutte le _volte, e. che_gl~ suggeri. infatti parziali arabeschi, in margine alla pagi~a, e riposi d un affabile realismo : con tutto quello che gli m:i,~cava mso:r_nma,e_quel poco che aveva, per questo gusto d'inventar miti, parlare m musica, pensate che cosa dovessero_ riuscire queste fa- BibliotecaGino Branco
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