Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

370 B. CROCE, Sulla poesia del Petrarca ecc. perplessità e le oscillazioni di un'anima, nella quale un'insistente sep– pure indeterminata preoccupazione etica, un'incerta aspirazione. reli– giosa un fervore di passioni varie ancor più vagheggiate e contemplate che vissute, s'intrecciano e si mescolano, magari raccogliendosi intorno alla storia ideale d'un amore umano. Questo concetto dell' « amore >> giun– geva al Petrarca, attraverso la lirica provenzale e quella italiana del Due e del Trecento, carico d'un contenuto psicologico e filosofico che di gran lunga trascende i limiti d'una semplice passione. E come ai tro– vatori dell'ultimo periodo e ai poeti dello stil novo non chiediamo tant<) una rappresentazione delle loro donne beatrici, e neppure un racconto appassionato delle vicende del loro affetto, quanto piuttosto una de– scrizione lucida e raffinata della loro coscienza; cosi anche nel Canzo– niere non cerchiamo la storia, così spesso lontana ed evanescente, del– l'amore di Laura, bensì il tormento di un'anima che faticosamente si· sforza di raggiungere, oltre l'incertezza dei propositi e la debolezza degli atti, un equilibrio poetico e contemplativo. In tal modo il Petrarca ci rivela veramente i suoi legami con un recente passato (che pur tendeva all'avvenire), e ci appare in un certo senso l'ultimo rappresentante della tradizione poetica iniziata da noi con il dolce stil novo : allo stesso modo che in quei poeti fiorentini, e in specie nel Cavalcanti,' è più d'un pre– sentimento e precorrimento dell'inquieta modernità petrarchesca. Nella seconda parte del suo saggio il Croce mostra come l'animai romantica del Petrarca si esprimesse in uno stile nettamente classico. limpido velato musicale. E qui, muovendo dalle ·definizioni date dal De Sanctis d'un Petrarca <cpiuttosto artista che poeta>> e nel quale « l'emozione .... non è una forza impetuosa che ti scuote l'anima, ma una bella faccia che ti diletta l'immaginazione >>, il Croce insiste sulla ne– cessità di distinguere, meglio che il De Sanctis non abbia fatto, tra n Petrarca poeta, in cui il senso aristocratico dello stile è spontan.eo e profondo, e il Petrarca << arbitro d'eleganze ))' desideroso d'artifici r affi– nati E' d'estrinseci ornamenti alla sua poesia. Il Croce osserva che tali espedienti ed artifici derivavano in parte al poeta dalla tradizione troba– dorica e stilnovistica. Avrebbe potuto aggiungere che da quella gli ve– niva anche il senso eletto della forma poetica; che anzi in quella tradi– zione e nel Petrarca stesso la virtù e la virtuosità dello stile si confonde– vano e sembravan scaturire da una fonte stessa. Ci pare insomma che il Croce non 1;1,bbia,tenuto sufficiente conto del-• l'ambiente di coltura e di letteratura 'nel quale la poesia petrarchesca nasce e si sviluppa, del modo in cui il peculiar gusto che essa rappresenta s'è venuto formando attraverso l'osservazione psicologica e l'espressione· lirira del Due e del Trecento. D'altronde qualche contrasto ci par sus– sistere tra la prima parte del saggio crociano, nella quale è descritta la sostanza romantica della poesia petrarchesca, e la seconda, ove s'insiste sul classico nitore dello stile. Come a quel contenuto poté accordarsi questa forma ? Ci pare insufficiente legame quello cui accenna il Croce~ dicendo che l'ideale stilistico dello scrittore aretino era « conforme a un diffuso senso di stanchezza, a una voluttà di pianto ... , alla ricerca di solitudine e di raccoglimento, a quel porgere attento l'udito al murmure del proprio cuore, che era in lui bisogno ed abito costante>>. O non, BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy