Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
ll salotto di donna Vittoria Cim,n Morta la madre, seguìta a breve distanza dai nonni, donna Vittoria rientrò a Milano liberata dal dominio austriaco, e vi si stabilì col padre, assiduo frequentatore della società'aristocratica ed elegante, che riapriva allora i battenti ed in cui cominciava a brillare il grande astro della cori.tessa Eugenietta Litta. Quelle relazioni mondane non potevano ba– Rtare a donna Vittoria, già ricca di tante esperienze d'oltre Ticino e d'oltremonte. Essa preferì d'accostarsi alla contessa Maffei che, con minor fasto e ben maggiore levatura, aveva continuato a raccogliere in un cenacolo operoso uomini di diverse condizioni sociali perfino nei giorni dello stato d'assedio. Ivi regnavano Carlo Tenca e Giuseppe Verdi. Iniziò allora la sua vita, intorno al 1860, il vero e proprio salotto milanese di donna Vittoria Cima, un poco rampollo e un poco secessione di quello della Maffei, più ristretto, ma anche più incline a comprendere le intemperanze e le stravaganze della così àetta «scapigliatura». Questa entrò in casa Cima come dominatrice col giovanissimo musicista pado– vano destinato ad ottenere tutte le preferenze della padrona di casa, Arrigo Boito, e vi portò, falange serrata ed esclusiva, i suoi compagni dell'avanguardia artistica. Furono gli anni delle grandi battaglie d'arte, sopratutto nel campo musicale, con la pubblicazione del giornaletto ' Figaro, col primo clamoroso insuccesso del Mefistofele, con la fonda– zione della società del Quartetto, La guerra del 1866 costituì l'apice della crisi. Tutti i frequentatori del salotto l'abbandonarono per correre ad arruolarsi, salvo un cugino di donna Vittoria malaticcio e mezzo francese tanto da scrivere i suoi romanzi in quella lingua, Luigi Gualdo. Anche donna Vittoria continuava a subire fortemente l'influenza della cultura francese, sebbene avesse annodato singolari relazioni con rappre– sentanti cospicui del pensiero germanico, ad esempio con Ferdinando Lassalle. Francese di nascita, germanico d'elezione poté definirsi il conte di Gobineau, il campione dell'ineguaglianza delle razze, divenuto an– ch'egli assiduo frequentatore di casa Cima, a Milano e sul lago di Como. Quasi ogni anno, all'infuori della villeggiatura autunnale a Cer– nobbio, donna Vittoria si recava a Nizza, che era allora ben diversa da quella che è divenuta oggi, con le case da giuoco e con l'immigrazione americana. Era allora il luogo di convegno dell'alta società internazio– nale, non solo aristocratica, ma anche artistica e letteraria. A Milano poi venivano abbastanza sovente a battere alle porte del salotto gli amici francesi, di Nizza e di Parigi, prima fra tutti madame Delessert, rimaritata poi al gentiluomo americano Edward Lee Childe. Ce ne rimane un acquarello, che la ritrae accanto al fuoco nel salotto di donna Vittoria, allora in Via Borgospesso, opera del pittore Emilio Gola che fu una delle prime reclute di quel cenacolo e vi ebbe pure la sua parte di regno. Mentre rimanevano sullo sfondo le grandi dame belle ed intelli– genti, la contessa Matilde Colleoni, donna Emilia Piazzoni Woyna, la marchesa Teresa Visconti Sanseverino, ed un poco più tardi la contessa Marichia Arese Pallavidni, il Boito recava seco e poneva al primo piano ragione di giusto orgoglio per donna Vittoria, musicisti come il Catal~ni, il Faccio, l' Andreoli, letterati come Giuseppe Giacosa, Gio– vanni Verga, Federico De Roberto, giornalisti come Eugenio Torelli Viollier fondatore del Corriere della Sera, e pionieri dello sviluppo ' 1bllotecaGino Bianco
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