Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

366 G. Gallavresi l'esilio giacché sua madre s'era ritirata, intorno all'anno 1840, nella Franci~ meridionale, a Montpellier, a Tolone, a Marsiglia, per alleviare alla figliola i primi assalti di quella paralisi che doveva torturarla durante novant'anni. Vivevano allora laggiù molti profughi lombardi sfuggiti ai processi che l'Austria aveva intentato ai cospiratori del 1821: fra questi erano .Luigi Fontana, nipote del Generale• Pino, Giorgio Palla vicino Trivulzio, Luigi Porro Lambertenghi e, sovrastante a tutti gli altri ancora nella memoria di Donna Vittoria, il conte Federico Confalonieri. Di quell'epoca, che ci sembra tanto remota, della Monarchia di luglio, donna Vittoria Cima conservava un'esatta imagine e, quando apparvero nella Revue des Deux Mondes di pochi anni or sono, i ricordi di gioventù di Emile Ollivier, di colpo essa rievocò come in una visione le scene della Provenza soleggiata, percorsa da fremiti rivoluzionari. Al lungo ed abituale soggiorno in Francia risalgono i suoi primi contatti con talune delle grandi dame ispiratrici, allora, di poeti e d'artisti. Donna Emanuela Cima condusse la figliola ad ascoltare la contessa Potoska e la contessa Kalergi Nessolrode, pianiste care, rispettivamente, al Chopin ed al Wagner, la presentò in quella casa ospitale dell'allora suburbio parigino o di Passy, in cui i ricchi finanzieri ginevrini Delessert, avendo ùato a Parigi un Prefetto, accoglievano la più alta società cosmopolita. Madame de Vatry, figlia di un alto funzionario dell'impero che aveva stretta amicizia coi Tealdi durante un passaggio alla Prefettura di Genova, fu un'altra delle iniziatrici di donna Vittoria nel gran mondo parigino, ed ancora mezzo secolo più tardi la figlia addottiva e protetta · della Vatry, Nelly Jacquemard, poi divenuta madame André, celebre per il suo illuminato mecenatismo, dedicava al salotto milanese di donna Vittoria l'ultima sua visita, quasi sulla soglia della morte. Ma i grandi eventi storici della resistenza patriottica in Piemonte e ben presto della preparazione della riscossa, richiamarono in Italia la giovane signora, ammessa nell'intimità di due o tre generazioni di pa– triotti. Parente degli Arese, intrinseca dei D'Adda, del conte Vincenzo Toffetti e del conte Enrico Martini, donna Vittoria ascoltava reverente quei maggiori, ma si sentiva stretta da una più calda comprensione e simpatia ai più audaci e più giovani, impazienti di emulare le gesta dei loro precursori. Alludo segnatamente a,i due fratelli Guerrieri Gonzaga, Anselmo e Carlo, ed all'eroico Carlo De Cristoforis, che, se non fosse caduto alla battaglia di San Fermo, sarebbe divenuto suo marito. Sulle rive del Lago Maggiore, nell'ardente vigilia, il patriziato lombardo, affratellato al piemontese come non lo fu mai dopo gli avvenimenti del 1864, tendeva le braccia ai profughi d'ogni parte d'Italia al Nico– tera, al Massari, a Diomede Pantaleoni, a Ruggero Bonghi ad Augusto Vera, tutti quanti, sebbene con diverso grado di familia;ità divenuti frequentatori di Casa Cima. Dal suo scoglio di Cannero Massi~o d' Aze– glio moltiplicava gli inviti alla sua giovane amica, già stretta da un vincolo di affinità elettiva alla bella signora Bice Grant e sempre pronta a partecipare alle conversazioni letterarie, alle recite, alle riunioni festose, non però alle evocazioni spiritich~ di cui si compiacque la vec– chiaia del grande patriotta piemontese. BibliotecaGino Bianco

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