Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

N otomìa della Spagna 363 giustificata. Vive esposta a certi rischi, come il contrabbandiere, e li sfidano entrambi con animo risoluto, senza ritenersi perciò disonorati di fronte al ·carabiniere nemico. Eccoci di nuovo al teorema giuridico di Ganivet. Ministra dei piaceri come l'intendono la maggior parte de– gli uomini, in ognuno di noi, séguita Maeztu, la Celestina trova udienza; il suo è un pensiero e un parlare rettilineo, senza divagazioni; dove i sentimenti sono chiari e espliciti e gli ostacoli si riducon tutti a cir– costanze materiali, lei è regina. È per soprappiù coraggiosa· e ciò le dà uno speciale impeto, un a,bito di onestà negl'intrighi. Rappresenta, e Ma:.eztu ribatte il chiodo che tutti tortura, la bandiera dell' indivi– duo contro la società, il piacere dell'istante di fronte al dovere dell'av– venire; le mancano le virtù teologali, o quel riflesso di esse nella vita terrena che s'intende colla parola onore. È figura talmente necessaria per proporre e imporre a chi l'osserva le quistioni morali, che hà potuto sorgere soltanto in una mente e in uno spirito affannati dal problema religioso. Qui s'inizia un nuovo capitolo. La religione presso gli spagnuoli, dice Madariaga, è sopratutto una passione individuale, come l'amore, !a gelosia, l'odio; quasi un esperimento interno, un arricchimento della vita che si concentra, priva com'è di testimoni e di scambi frequenti. Da ciò lo svolgersi, entro la religione professata, di diverse tendenze, che non si annullano: autorità proterva nel clero superiore, libertà mistica dei fedeli (residuo questa e sedimento dei fervidi ebrei, cacciati dalla faccia della penisola ma non dal sangue?); e un anticlericalismo, dove c'è, violento, ma che rispetta in genere le coscienze e riconosce la voce interna religiosa come una profonda e schietta espressione individuale. È curioso veder gli scrittori avvicinarsi al cuore della religione e allontanarsene, secondo impulsi che si direbbero fantastici; appunto perché non se ne fanno sostenitori o detrattori, ma la saggiano in se stessi. Unamuno esalta la fede, per creare una p1stica da contrapporsi alla mistica; una fede non travo~gente ma permanente che la ragione guarda e giudica, ma poi le céde il passo perché la riconosce unico elemento vitale. Nell' « uomo di carne e di ossa))' la ragione vede tutto e non è quasi nulla; da questo squilibrio nasce una compassione, un amore accorato di sé, e il desiderio della lotta col tempo, che è il limite, l'infer– mità naturale. Così ci si affama d'immortalità. Maeztu dissocia ·questi elementi del pensiero unamuniano quando parla di due posizioni antitetiche degli animi spagnuoli, ma forse, a scorgerle bene, identiche: ci son quelli persuasi dell'infinit_o di~ordin_e - più che della vanità - del tutto, senza dolore e senza risentimenti, p~ghi perché è irrazionale, della propria energia; di questi è popolato il tea:tro essi son gli eroi delle novelle picaresche, sono i puri fuori legge, i f~lici incoerenti, « cada cual su rey ))' ognuno re di se medesimo, secondo un detto favorito. Gli altri, con irrazionalismo trascendentale, si buttano al polo opposto, annullando tutti i valori della vita solo per esaltare quelli oltremondani. In tutti e due i casi, gli .spagnuoli sono eccellenti « perditori » che si rassegnano con convinzione all'insuccesso e si offenderebbero se fosse reso un senso a quei beni ch'essi si sono avvezzati a disprezzare. ibliotecaGino Bianco

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