Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

Notomìa della Spagna 359 sé. Si afferma così l'orgoglio della propria indipendenza, che il comando e l'obbedienza terrena non toccano; ciascuno custodisce in sé un criterio morale, una norma di condotta superiore a qualunque legge oggettiva. È l'antica concezione del guerriero solitario, del cavaliere errante, è un segno di nobiltà,_ di « hidalguia » (hidalgo vuol dire hijo d'algo, figlio di paùre possidente, persona ben nata); poi tutti se l'appropriano, perché nessuno fa a meno di sentirsi «hidalgo», pari ai primi, e lontano dai propri compagni. Qui soccorrono le osservazioni di Angel Ganivet, anch'egli vissuto all'estero, in paesi nordici, e morto, ancor giovane, suicida. Le leggi, i codici, egli dice, poco valgono in sé, hanno da esser interpretati dagli uomini. Non serve dire che la Spagna si resse dapprima con leggi romane, poi con leggi romane e germaniche, e da ultimo con un amalgama di queste e di nuovi principi giuridici introdotti col « progresso JJ, poiché se si guarda più attentamente, si vedrà che ha esistito e esiste, sopra la · farragine delle leggi reali, una legge ideale superiore, il modo costante dell'interpretazione giuridica, che in Ispagna è stata quasi sempre legge di dissoluzione giuridica. Dove parava per tutta la storia il senso giuri– dico degli spa.gnuoli? Nella difesa dei « fueros JJ particolari, dei centri giudic"anti autonomi~ limitati, nella tendenza cioè all'atomismo legisla– tivo il cui ideale sarebbe che ogni famiglia ci avesse una legge per il suo uso particolare; anzi, meglio : che ciascun spagnuolo portasse in tasca una carta giuridica con un solo articolo, redatto in termini brevi, chiari e convincenti: « Este èspafiol esta autorizado para hacer lo que le dé la gana JJ : quello che gli salti in testa. Questo « idealismo J) giuridico è prodotto dall'aspirazione cristiana a applicare la carità sopra la legge e a cercare una giustizia eterna e assoluta, e sbocca a sua volta in una profonda diffidenza verso i codici. « Ho studiato legge, - dice Ganivet, - e non mi son deciso a far l'avvo– cato perché non riuscii mai a vedere il meccanismo giuridico dal suo lato nobile e serio J>. L'argomento è strettamente personale, quasi una quistione di gusto, ma a Ganivet perciò appunto gli serve di criterio. Finché uno spagnuolo resta legato alle classi umili, che sono l'archivio e il deposito dei sentimenti inesplicabili, profondi di un paese, non può sentirsi d'accordo colla legge, ma sempre sarà indotto a ritardare e, se è possibile, a rovinare l'azione della giustizia. Si giunge, come si vede, all'elogio di una specie di passivo banditismo. L'esaltazione delle classi umili Madariaga la ripete, in un modo appena diverso: uno spagnuolo, secondo lui, non importa in quali circo– stanze sia nato, è sempre « uno del popolo JJ; il popolo cioè, o meglio i singoli popolani, posseggono una specie di prestigio e di fascino sul– l'imaginazione spagnuola, come si vede dal favore che incontrano le manifestazioni d'arte popolare, canto, danza e, in gran parte, teatro. Noi siamo poco inclini all'arte popolare, o per lo meno una certa infatua– zione di eruditi è passata ora in disuso, come una moda romantica; ma in Spagna quel favore ha un appoggio, una giustificazione storica, poiché da forme anonime popolaresche, come il « romancero >>, s'è svolta si può dire tutta l'arte posteriore e quelle stesse forme seguitano a prosperare; il popolo non echeggia modi e sentimenti aulici, ma anzi i poeti culti, BibliotecaGino Bìanco

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