Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
Cinquemila lire 351 il passo che 3/Veva p,reso dopo la ricoornta nel suo maJe; le marni fooevaino la caloo., i peI11sieriprerndeva.no un ritmo calmo e r3Jsse– gnato, come il passo. Il più deille volte le bambine la seguivamo, ma essa non le chiaanaiva; stava bene arnche sola. Le bambine cor– revamo avanti o rimianevarno indietro, per raggiungerla o aispettarla aUa strada, qu3Jlldo traversava per tornare a casa: La vita dei campi a quell'ma le era co111osciutaeome le fattezze di un viso caro ; i c3Jillbia,mentiogni ,sera ille erarno l' espressio111e, UJ1 sorriso di ;più, o U!Ilaac0oratezza nuova, se una vitell:Ìlna a pastura fui una manzi!Ila, aJlzava la t•esta al suo ,passare e la ,guardaiva con i grandi oechi timidi ; o se un ,pastore di sul ciglio rimamdiava 111ella str1Lda le peoore che silraripavarno 111ei caunpi; o se incontraiva u111a coppi a di giova,ni che fa10evainoall'3Jnorre, che quandlo si accorge– va.no di lei, si ,sepa.rav·arnoe ,prem.devainoattitudini composte, no!Il natura li, ,soontoote, oome se Messe fwtto 1Lppo 1 sta a disturbarli. Ma le ,era più. caro di ri~orvare le medesime cose tutti i giorni, e di ripassare nena mente i medesimi pensieri; oome s•e fosse giUIIlta a quellla ,svolta della V'ita quando noo ,si guarda più avarnti, veirso il nuovo che deve giUIIlgeree 111el •quaùesi .~era; ma alllzi ogni ·avvooi– meinto dà noia ,allo ,svolgersi dlelle immagÌlni e dei motivi soliti ai quali si vuol semp,re più bene, poiché oi rimarngono daJla gioventù, e son ,p,iù nostri, e ,si •so1I10 lentrumente eilruborati in ,noi, aggiu111- gendosi a (Loro, o,g1I1i volta, un'altra vibraziooe della nostra vita. Era un modo di seintire da veechi; se 1I1e 3iOOOJ'lgeva arnche lei; ma anche la vecchiaia ,pir,eoooepuò esser benvenuta; a ~ootirla venire a prenderila per seonpre, l'•acoettava COime Ulllapresenza ,serooa, ,piena di ooo,solaz.ione. Se ne lasciava irnvirudere con la ,stessa dolcezza mite eon fa quale s'immergeva 111elungo crepuscolo d'estate che saliva, inavvertitamente daJ :fiume, e scendeva ÌIIl v•allledia.i poggi ormai somme~si d'ombr,a. Certo, non poteva essere in nessU111'aJtracosa, la pa,ce che trovava in quelle ugg,ie di veeichiakt,, chissà forse di morte, nella mite tri,stezza deUa sera. , Giunta alla curva del fiurrne, torlllava aJla ,strada e di lì ver,so casa; e ila sua passeggiata vera, fa, sua requie quotidiana fìllliva lì. A mano a mamo ehe si rhl!Vvicinava a casa la ripJ'le!Ildevano i pen– sieri di tutti i giorni: doveva metter.si subito a far da ceina; il fuoco le éfuivala 1I1iausea, e al solo •pensarci si 1Se1I1tiva male. Una ,sera le venne fatto di ·amd3Jl'epiù in là; di gu,ardaire quel che c'era do,p-0la curva, ,sull'Elsa. Forse era ,Ulll poco più ,presto del soilito, o, ;piuttosto, oon le giornate che allungavamo, si ·sentiv,a di aver più temrpo. Dopo la svolta, il letto dell'Elsa 1 si al1argruva; la ripa, di teN'lelllosciolto, .smott-ava nelle piene, e il fiume mangiava, scavallldo g,rotte sotto il piano dell ter:reno. Vi cresoevano arruffati foltori di vètrici, basse di wn verde chiaro, gentile, e •giu1I1caglie BibliotecaGino Bianco
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