Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

350 D. Cinelli con un cordone di seta rossa la .p,arola « Ricord~ )), trovò il ritratto deilla Olèofj:lda giovame. La ,riconobbe ,subito; nel dimagrar tam.to, da vecchia da ultimo, le fattezze, ritirandosi ,sulle ossa, sotto al sottile int;ico delle rughe, avevaJil ripreso le .sa,gome di prima. Nel busto strin;to sulla vita di vespa, .nell giubbetto di velluto accollato, chiuso eon runa fila di bottorni che non fiinivan più, e un cappellino posato in cima alle trecce pesanti come un nido nella frasca, oome era ,giovane: pareva impossibile che fosse stata tooto giovane. Vi erano altre fotografie : vecchi, ba.mb: i!Ili;tutti morti, diceva la vecchia, illustrandoli c,on qualche nome ,e il millesimo della na– , scita e del1lamorte. Era r1mast·a sola, la vecchiarella nel lettuccio, oon quell'ultimo fiato di vita. Solo oggetto discordante ID quella povera, raceolta di cos,e so– pravvissute, una sciabola ricurva, da,ll'elsa dorata, era appesa alla parete. La vecchietta dette un'occhiata allla Olèofe, la quale nolll s'era mai :mossa, e ,sottovoce, disse: - Era suo cugiino; morì ana guerra d' Affrica. Andò volontario, e ID punto dì morte volle che mandas,sero ila sua sciabola alla Olèofe. Era tenente dei ber,saglieri. Per un po' rimase in silenzio, guardando di dietro ill profilo im– mobile dell'ammalata, rigida come una morta, sul quale, ora che si era fatto un po' di •Scuro, cadeva il riflesso del lumino a olio acceso alla Madornna di Pompei, poi si chinò •all'orecchio dell' An– giolina: - Da ragazzi, s'eralll voluti bene. E quando morì, la Clèofe era digià rimasta vedova. L' Arngiolina si era persa a fissare il viso della Clèofe. A c,osa pensava? A ritrovar loro, dilà? Ma era.n passati tanti anni. Pareva che non pensasse a nu:Ua, come ,se •si fosse già spernta iin quel nulla, in quel buio che aveva visto una volta anche lei. E allora si sentì prende.re alla gola da quel tarnfo di rirnchiuso, dal bisogno di respi– rare, fuori, alll'aria. Com'erarn belle quellle ,serate che non finiva;no mai! Da. quando Pelice lavorava nel podere, l' ArngiolIDa stava meglio, aveva riacqui– stato la pace e poteva, come una vqlta, nei primi tempi che era tor– nata ali' Acquaviva, da ,sposa, perdersi nella ,serenità deilla cam– pagna. A volte, solo a sboccare dal camcello di una siepe in un campo grarnde, aperto, ìm. una piao-o'ia senza alberi che saliva soda- I . d "'"' . ' g 1a ver e o terra arata .di fresoo rossa, sino al cielo si sentiva traboccare di felicità, e affrettava ili pas 1 so come verso q~alcuno che le voleva bene. Felice, quando torrnava, verso vespro, non la trovava più in casa_: quella era l'ora che lei non ,si poteva trattenere di aindar fuor1 1 e far quella ,strada, sempre quella. Scendeva al piano e prendeva il vfott?fo ~he coste~gia il'Elsa lungo i pioppi, verso la luce che resta,v,a, rn cielo dopo il tramonto. Andava di passo lento, / BibliotecaGino Bianco

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