Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
340 D. Cinelli chiedere di essere ,assaJla.riato. E così riebbe qualche soldo per le tasche. C',era rnna medlicirna che dava sollievo all'Angiolina, quando ila prendevamo gli attacchi del suo male. Pareva un olio su un mare in burrasca: prr,es,e quelle gocce, il respiro affainnoso, da 111011 poter ri– pigliar fiato, ,si calmava e finiva che si poteva addormentare. Ma la boccetta era :finita da un pezr,0, e Felice che quaindo era be111estante aveva saputo far tanti debiti, nOIIlsi sentiva il ooraggio di chieder roba a credito, ora che era povero. Deil resto 110111 gliela avrebbero data., Qnamdo ebbe in tasca le poche lire della quindici111a,prese la bocoeuta v.uoita,e andò a Galciama alla flairmiacia. Doveva esser verso le cinque, ma èra già buio, e in farmacia c'era il solito circ,olo di persone che si riuillivano a scambiar quattro chiacchiere, la sera. Quando ootrò Felice, feoero silenzio. Felioe si levò il cappelllo e dette la buoni ,i,sera. Fu ,soltanto quamdo si aooorrse di un certo imbarazzo che era oo.fa ·ato con lui in farmacia, che si rese conto di à_.ver'1i 00111osci utibene prima, di essere stato, a rnn certo modo, un di loro. C'era il dottore, U111 uomo anziamo, tarchiato, con un paio dli baffi neri alla Vittorio EmaJI1uele, che gli ,attraversavano il viso truculento e primitivo. Parlava oon Ullla voce forte, risuonante oome comandi militareschi; del resto affabile, buon uomo. C'era un im- · piegato ferroviario in licenza, figlio di U111 fattore che 11'avevafatto studiarè. C'era un giovame i111traprendente, il quale da qualche an1110 si era messo a tener deposito di maochine agrioole, concimi chimici, e altri generi per gli agri0oltori. C'era poi un ve-ochietto vestito alfa foggia di almeno t11ent,aa11111i addietro, Cencino Bartollucci, l'ultimo rampollo di quella che un giorno era stata la miglior famiglia di Galçiana, che ,aveva posseduto tutto, intorno al paese, e ora non aveva più nulla; si diceva persino che fossero nobili, e in chiesa avevruno la cappella con 110stemm'a. Il vecchietto, nei vestiti anti– quati, era digmitoso e oortese; aveva qualche manìa, come quella di cantare, credeva di avere 11111a bella voce; del rimanente era inof– fensivo. Felice si rammn.entava di qul:IJiltos'eTa divertito oon la sua oom– b~~ccola a farlo cantar,e, aizzandolo 00111 gli elogi per poi buttarlo gm oon gli scherni. Oo11 sigmor Pietro Scaffai, U111 signore davvel"o, il quale possedeva una fa.titoria di una v•erritirna di poderi e una bella villa che in antioo e~a dei Ba.rtolucci su un poggiarello uliv,wtovicino al paese, c'era U111 g10vanotto che Felice 111,on co111osceva.Lo Sca:ffai, d'al suo modo di fare, dava a conoscere di essere da più deg1li altri. Tamburellava ?on le d~ta sui vetri della porta, gu3irdando fuori, dove ilo aspettava 11 calessmo fermo nel buio, oon l'uomo a cassetta. No111 poteva fare a meno, la. sera, -di quell'ora socievole i,n farm~ia, e ,aspettava 00111 BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy