Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
Cinquemila lire 211 Era entrato nena stalla e Felice lo aveva seguÌ'to docilmente. Tito 31lld~a capo delle bestiole, e prendendo la fullle, fece dalz.are la testa alla ·più bellÌIIla dellle due, che ,si flliCessevedere. - Si fa.n1J1.o belle. Fra urnanrno costano il doppio. Perché le vuole sacrificare ora, e slliCrificare il guooagno ? Felice ,si mise a ridere : - Urn altT'amrno, un altr'anno!. .. È lungo, u,n anrno. Ci penserà chi ci ,sarà. Ohe volete che sruppia io dove sarò, U1I1 altr'anno ! Io ho da pensare ,per oggi. ... Pullite, pulite le giovenche, Tito! - e usci dalla stalla con un risolino èbete a fior di labbro, senzia aspet-tare risposta. Tito lo guardò allontanar,si, di sulla porta. Ohe doveva fare, che poteva fare? Quam.dlol'ebbe visto girare dietro casa, rientrò nella stalla; sputò rabbia impotente, ·amara oome il veleno. Poi prese brusca e ,striglia, e cominciò a dar su e giù per il oollo della bella bestioli111a bianca. Questa puntò sulle gambe davam.ti e si alz.ò, scrol– landosi tutta. Nel pulirla, Tito ,sentiva il su o muso caldo dietro· di •Sé; la giovenca gli soffiava nella schiena e nel cono; a quel te– pore 'tlilnidoTito s'i111teneriva; meglio le bestie dei cristiani, davvero. VII. Qualche giorno prima della •sca,dooz.a,Felice andò dal Cecchini, ma si rendeva co111to che era inutile, e SÌIIl proprio aJlla porta, non sapeva ,se sarebbe entrato davvero. Avrebbe potuto anche lasciare andar le oose per il vers•o che aveva.n preso, •senza far altro che ti– rar.si da ,parte; tanto no111 ne potev•a ca,mbiare il corso. Ma forse un ce rto .senso del doverè lo fece entrare nel magazzino. Alla p,resooz.adel Cecchini, che no111 l'aveva visto da tempo, provò la vel'lgogna di se:ntirsi a,ndat<:)giù anche 111ell'•a,pparenz.a; nei vestiti logori, il ,solliinogrigio dl'unto, le ,sc-ar,pese111z.a t cco. Ma più chiari quei segni si leggeva1I10sul viso. Norn e:riamiseria, era peggio; era l'abban,do1110 definitivo •di ogni velleità di appartenere a una classe qualsiasi, era !l'incuria che ha, perso l'ultimo ,pudore. Il Ooochini lo stette a .sentire; sorrideva. - È trurdi, ora, - disse qurundo Felice ebbe mito. - E al!lora ? - rilmproverò Felice, oome se avesse il diritto di esigere che gli venisse trovato una via d'uscita .. - E allora nOIIl resta che fare un pianto e Ull1 lamento e rasse– gna,rsi. - Al Cecchini non pareva vero rl[ uscime oosì a buon mer– cato: aveva temuto qualche escaJildesoonza. Felice si aocorgeva di lasciarlo oodare trop,po per le lisce, ma no111 gli riusciva d'inquie– tarsi; ,si sentiva triste, ma calmo e quasi serooo, oome se il peggio fosse già avvenuto. BibliotecaGino Bianco
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