Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

Cinquemila lire 209 I iinutille, pirese il pover'uomo, dli ,sé e di lei. Si provò a farle ullla carezza, oome a un baimbino; a toccarla sulla spalla, sul collo. La Fosca non si mosse, ,s'irrigidì. Allora Tito si buttò giù dalla sua pru>te, e ,spense il lume. Ma lll:Olll g i riusci di prender sonno. Passò il tempo, pesante, interminabile; quaJlche ora, forse; Tito si levò; era ancora buio. Scese nella ,sta,lJla,accese il lume; le vacche e le giovenche con Ulllmovimento parallelo del collo si voltarono a guardarlo. Il cavallo annitrì. Delle giovenche, una speciaJlmente aveva la testa agile, ben fatta; e l'oochio vivo, oome Ulllacapra. L'altra era più tozza, ma lllon tainto, in proporzione alle forme più qu.0idrate; più a largo. Questa sarebbe venuta più forte; a Tito però piaceva di più l'altra, come per ca– priccio. Del resto anche a questa non mancava nulla per diventare· una bella vaicca; ma era più a gentile. Ora si dovevai cominciare a domarle al carro, cosi che per l'au– hm1no si potessero mettere aJl giogo. Allora ,si sarebbe .potuto lavo– rare con due pai·a; rispamniar le bestie·vecchie e fare ulll lavoro mi– gliore. E forse allora ,sarebbero sue, e lui saprebbe come tenerle, quamdo sarebbero sue. Il CoochÌlllinon perdeva occasione di spiegargli le ,sue idee. Felice alla ,scaidenza non avrebbe potuto pagare. Le cambiali sarebbero an– date in protesto; si sarebbero fatti vivi gli altri creditori : la roba sarebbe andlwta alFasta. Il OecchÌllli l'avrebbe fatto forte per quel che gli mamoava, e Tito avre~be potuto comprare l' Acquaviva. S'in– tende beineche il Cecchini avrebbe preso ipoteca per il suo avere ; ma un'ipoteca per vent'anni, da pagarsi ooi frutti : Tito, quando sa– rebbe stato suo, l'avrebbe fatto fruttare, il podere. Le vaicche veochie digrumavano. Bisognava ingraissarle e ven– derle :presto; e comprarne un paio più giovani se si voleva fa,r bene i lavori per le semente primav,erili. A lasciar,sele illlvecchiare oosì per Ile mani, a farle lavorare pregne com'erano, c'era anche il caso di una ,disgrazia. Eran,o state ,silllcere anche loro ; terra ne avevan rivoltata tanta; ,ma qua.ndo è il tempo :bi,sognasvecchiare. Nei vetri colava un po' di chiaro. Tito si tirò su il bavero, e uscì fuori. Fa,oeva freddo; era ullla bella gelata; sull'Elsa gr,avitava un nebbione bianco. Nel cielo cristallino brillavano le ultime steJlle. Tito staccò dall'arpione 1'e forbici e il penlllato e prese per il viottolo crepitante dli brÌllla, tra i filari dei loppi scarniti. Il grano non era nato male, e ill freddo gli giovava. Dopo 'llil caimpo di gramo, veniva una stoppia Ìlllcolta. Quando il podere sa– rehbe suo, stoppie non se ne vedrebbero; dappertutto farebbe terra 111era; lilla con quel paio di vecchiarelle al giogo, come ,s'aveva a far~? Si mise a ,pulire una fossa ammacchiata che teinev·a l'acqua rn collo, mandandola pei campi, lllei temporali. Sotto il pennato tro– vava qualche cerratto di quattro in cin,que anni. Anche questo noo. 14, - Pèoaso, BibliotecaGino Bianco

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