Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

Setternbre e le noci 193 Nulla è cos'ì bello in queste sere di settembre come farsi su l'uscio di casa a, guwrda,re i lurnghissimi tramonti e a i;alutaTe stormi di uccelli che emigrano; tu sooti che qualche cosa di te (ma, che oosa?) emigra coill lloro verso là, e tu resti men tuo. Int3Jllto di qua di llà, dalle varie pievi della mi,a, Lombardia, - la terra che ha più campane, - suonMJ.o per le sagre, che ogni Domenioa ce n'è una. Sicché il settembre, con quel suo calar,e ogni giomo un po', muore piaimente tra u!ll vasto scamp3Jllìo di chiese di campagilla. O forse la sua non è Uillamorte : è piuttosto una quieta assunzione nei cieli che lui stesso ha p,reparati così tra1scoloranti e delicati. Ora bisogna dir con più pace che tra Sa111 Bartolomeo e la Nati– viità oostuma ai illostri paiesi bacchiare le nod, che è una delle ceri– mo111iep,iù liete della c0JTI1pagnain codesta stagione: quasi un compern,so alle fatiche di lavori più .solidi. Anzi, sul ;princiipio del suo gran romaJnzo, il nostro Manzoni parla addirittura. delll.a. conso– lazione di bacchiare le noci. Umane ed olezzanti parole, che consa– crano una rustica operazione darndole 111-cm .so che santità di i'ito e aria di premio. Sotto la per>tica lu[lga, :sbattuta co111 forza ad-doss,o ai rami, [e belle 111oci cas,ca1110 con tonfi umidi e sordi sul muschio del pedale ; e i lor malli, spaccandlosi, cacciano odore di verde e di radici. I bimbi che rnaturalmente alla festa non mancano, è il loro mestiere raccoglierle nel cavagno o illeJl,sacco e portarle :fi.1110 a casa; ove, riposte in solaio o Ìiil dispensa, sar3Jllno p,oi ambito oompanatico alla lieta merenda. Ta111,to che un pr,overbio dialettale lombardo, co111 U111a rima che in lingua noill ·toll'na, dice che pane e 111-oci è un ma111giareda sposi, v,o1endodire che è molto gusito,so. Fra Bonvesi111 da Riva fin dai suoi tempi (e cioè verso il 1290) acceruna, come lomba11do, alJla operazione della bacchiatura con l'i[lgenua giocon– dezza d'una vignetta; ma io penso al miraoolo che c'è Ìilltorno ad essa, oontato per semp,re dia fra' Ga1di[lo, il quale, 111ellapersona d'un suo confratello, si farà presto vedere ,per la cerca e-on la bisaccia ÌIIl ispalla o magàri c,on un bell'asineJllo regalato al 00111vento dalia carità d'u[l buorn benefaJttore. Fu tempo che ÌIIl Lombardia la pianta del noce era molto co– mune : og,ni podere ne aveva otto o dieci al suo limite, e in certi vecchi .strumenti parrocchiali ho visto io co' miei ,occhi il noce ch'era sul perticwto d'un booeficio venir preso i111-dividualmootein conse– g,na 1I1el regolare trapasso da un parr,oco all'altro. Allora anche il mobilio era quasi tutto di bel legno di illooe, - tavoli, canterani, ca,ss3ipamche, - e dava alle case, runche a quelle dei poveri, U111a chiara aria di benessere e bene stare, e, COIIl: la sua presenza mas– siccia quasi un augurio di viita lunga. Oggi l'albero del noce si è ' ~~ . fatto più raro, forse :peTchéla sua ombra troppo vastamente é.111.1.Uggm ta - nuaso. ibhÒtecaGino Bianco

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