Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
186 G. Pasquali o 'irnnovazione greca, il g,lottologo si ,chiede quandJo appaiia i.in greco, con qual significato, come si sia svolto. Dal glottologo orma i si esige ch'eo-li conosca davvero aJlimeno alcune liingue irndoeuropee: dav- • ve110:cioè da filologo, ruvendo ben presente, oltre la li[lgua storica nei suoi stadi successivi, anche la storia politica e specie la storia della cultura delle genti che parlavano quella lingua. 111glottologo moderno è uill filologo della lirngua che; per •spiegare l'evoluzione di questa, si sa servire della comparazione con llingue del medesimo ceppo. ,Ma,egli studia ormai l'indoeuropeo per intendere le ling11e indoeuropee, non viceversa. Il Meillet è n,n principe dei glottologi mode11ni,e a,nche in questo suo libr,o 8toria e preistoria vedono am– bedue rispettati i loro diritti. Rinmilliamo aincòra per 1 un momento nella storia, ,sebbene nel periodo più aliltk,o ·e più oscuro dì ,essa: il latirno è in origi,ne, lo abbiamo già detto molte volte, la, lingua di :una città. Il Meil1et, come ip,rima di lui :mille altri, aggiurnge : di UIIla città rurale. «Roma (egH scrive a pagi!Il'a 103) è 1 s:taita per molto tempo una ca:pi– tale di ruraJN, e appunto i proprietari rurali dei diintorni immediati di Roma hanno fissato il latino· romano .... >>. E pooo sotto: « Il latino che s'è fi:ssat,o, non è la lingua di UIIlaclasse urbana oolta >>. Io sosterrei proprio il coilltrario, e lo sosterrei prop,rio oon quelle medesime ragioni sulle ,quali il iMeiltlet fonda le sue osservazioilli : i nomi del bue, della pecor-a, del cap,r,etto, ,della scroifa, dell'oca, deil– l'erba,ggfo, d:.i. 1 subbidendo alle leggi del latino, si riv,elano presi da P'ar– lari rustici. Questo sar,ebbe impo,ssibile, ,se Roma fosse ,stata escllu– si.vamente o pr•eva1entemente città di proprietari agricoli; si spiega se questi, pur rispettati e potenti, si perdevano tra la folla degli artigiani, dJegli operai, dei piceoli commercia!Ilti. Solo aJllora si può immaginare che ,alle porte della città ci fosse UIIlabarriera non oerto daziaria ma dJialettale; che già l'urbs f.osse, come ,sornoquasi sem- -pre le ,capitali moderne, _per esempio Roma stessa e Berlino, un'isola dia.1ettale. E ,d'iilldustria rolilllafilanon m.ainca, già per un'età che per Roma è a.ntichissima, una traccia, forse unica, ma evidente. Le cistae pmenestinae si chiMnano così dalla città ,dove in buon nu– mero fur0ino tr,ovate; una sola, che io sappia, ma la più bella e la più celebre, la cosiddetta cista F'icoroni) porta l'indicazione del luogo dove fu fabbricata: Dindia Macolnia fileai dedit) Novfos Plautios med Romai fecid. Per un oggetto di lusso Preneste doveva rioorrere a R•oma. E di chi altri se IIlOndi artigiani o bottegai po– teva esser composta quella plebe urbana che :fin da tempi molto an-• tichi cercò di strappare ai patrizi i loro privilegi uno dopo l'altro ? La .plebe rustica era lll,atmralwente nelJle mani dei padroni dei ter– reni, appunto dei patrizi. Roma è la ,città, del ponte sul Tever•e e ad ess-o deve il suo ,sviluppo : ponte signifi,ca, che io sappia, rnOIIl' agri- BibliotecaGino Bianco
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