Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
Il latino in iscorciò 185 temente al mutamento, al (perché no?) progresso linguistico le emi– grazioni dall'Oriente e le manomissioni di servi orientiali. Giove- 111ale dice, esagerando, che Roma era ai suoi tempi una città sira : così noi potremmo chiamarla ora, a piacere, sicili-ana o veneta; abbondavano specie nei quartieri borghesi e popolari bottegai orien– tali. Le tombe della Oç1,mpagm:a ci .mostracr10(l'ho ,scritto una volta, e lllon mi stancherò di ripete:rU.o)cognomi greci di liberti ; e i lllomi greci ricoprivano qua;si sempre merce orientale. Ma quegli Orientali avranno avuto come li!Ilgua di cultura i[ greco, avranno, i più, par– lato greco silll dall'illlfanzia. Il greco è la lingua della più antica comunità cristiana illl Roma: molte iscrizio!Ili cristiane so!Ilo,scritte illl latin o, ma in lettere greche: chi le scrisse, ,si era adattato a im– para.re, maturo, una lingua nuova, non ebbe l'energia o inon ritenllle n ecessario d'imparare ,un nuovo rufabeto. Q;uanti Italiani, alllche tra i dotti, ,non leggolllo, scrivono, persino parlwno tedes00, ma si danno poi vinti dilllrunzia una lettera scritta in Fralctur) in quel «gotico>> cioè che pure continua la ,scrittura che fu anche del nostro Trecento! L'elemento greco, aJlmeno di lingua greca, fu il lievito che trasformò il laJtino in itaJliano. Questa la soluzione di un problema, che, se mi ricordo berne, si era già presentato al Leopardi, perché m:ai l'italiano fosse nella sillltaissi tanto più greco çhe latino. Come io posso di– mostrare, questa progressiva grecizzaziollle del latino ,si rispecchia per:funo nella storia di particolari costrutti italiani derivati d'al greco. Di questo itl Meillet nolll parl-a; ma mostra oome la lingua di nllla città dovesse, per servire a un impero mondiale, democra– tizzarsi, divenire qualcosa che le per,sone più varie e meno colte potessero maneggiare, u,n utensile oomodo, buono per ogni malllo. Egli acco!111pagna il latilllo da quando era 1a lingua della città di R·oma fino •alla vigilia del suo spezzarsi nei volgari romanzi. I trattati glottotlogici di cinquant'a1rmi fa avevano per pUlllto di par– tenza l'indoeuropeo, per termine d'arrivo la forma più antica nella quale Ulll'alingua era •testimoniata, Omero :per il greco, Plauto per il latino. Gli indoeuropeisti della vecchia maniera, per amore della prei– ·storia, trascuravaID.o la .storia: a essi lll•onpareva abbastanza 1I1obile un'evoluzione che no!Il partisse da un termillle ipotetico, ricostruito per comparazione di sulle lilllgu e diverse derivate da ulll medesimo ceppo. Ora volgono altri tem.pi : la linguistica è divem.uta storia e O'eogra:fiadel linguaggio, scritta il più possibile su d!ocumooti. Quel o . . . . ... che più interessa sciem.ziat1che voghono ,rimanere uomm1 vivi, non è ormai una scarna astrazione, l'indoeur,o:peo ricostruito, ma le [in– gue singole con la [oro folla di documenti e di monumenti. Indo– europeo e lino-ue ,sinmole 1I1on si oppongolllo più come due masse cri– stalline,imp~etraibili, se 1I1on elle fantrusie troppo .pi?r~ di studiosi nati vecchi : prima di chiedersi se Ulll certo costm1tto sia indoeuropeo BibliotecaGino Bianco
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