Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
Tl signor M uzzi 181. Risalì ia1 automobile : - Allo studio dell'avvocato. - Bisogma restare al posteggi-O. - S'intende. Gli parve bella - e è tutto dire~ anche Piazza Vittorio. Ave-· vano un loro sorriso di cava runche le lastre al ,sole; anche l'arcone smagliante di sole aveva un che di trionfale : era il cielo, era la luce, era il M3iggio. E da tutte le strade un pullulare di vita, una screziata giocondità di cofori, un moversi agile, e un che di nuovo, d'aperto, di giovane. Tutto questo circolava nel sangue di Stefano e gli areava i polmoni : egli [1,011 aveva mai provato co.sì il senso della vita. Lo •Studio dell'avvocato era al primo piamo. Stefano continuò a salire. Salì fin m cima, fino al pfamerottolo del quinto piano: l'ul– timo. E aveva ancora negli occhi le visioni luminose della mattina. La donna che aprì in quel momento l'uscio di mezzo nel pia– nerottolo del quinto piano vide dalla rmghi.era traboccare giù, per dirla come lei disse, un enorme sacco; e all'urto che quello dètte nella ringhiera di sotto come rimbalzando e poi al rumore, giù, di massa che s'acciacca, un rumore che non somigliava a nessun altro rumore e che non poteva esser prodotto da a.ltro, capì che quello era iJl corpo d'un uomo. Sulla scriv3.1Ilìa fu trovata spiegata la polizza d'assicurazione; e portava un segno fatto con l'unghia in margine a un purnto delle "Condizioni generali di polizza", là·dov'er•a .stampato: cc Art. 8. - Se la m·orte dell'assicurato avvenga per effetto di duello cc o per suicidio .... la Compagnia pagherà l'intera somma assicurata». Quel segno fwtto con l'unghia era tutto quanto stava a attestare il sacrifizio di Stefano Muzzi. .Il villino, arredato com'era arredato, l'àuto, le gioie, un milione di capitale: ce n'era abbasta,nza, per "donna Irene" e le figlie, se non per oontinuare 1'a vita di prima, ma per fare amcora una certa figura brillamte nel mondo. Eppure "dornna Irene" e le figlie rima– sero insoddisfatte. Eran restate, loro, le sacrificate. E, ,parlamelo, nelle conversa– ziorni mondane, attribuivamo a colui che non c'era più, agli errori suoi, alla sua incapacità nell'amministrare, all'averle egli abban– don3Jte in quel modo al momento del crak) se non si trovavamo più n~lle corndizioni d'un tempo: (< Dio gli perdoni, povero papà!». BRUNO CICOGNANI. ibliòtecaGino Bianco
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