Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
180 B. Cicognani Egli le tappò la bocca con una mano e le parlò all'orecchio con una voce che, poi, nel ricordo, le metteva i brividi e ella cercava d1 IIlO!Il riudire : _ Perché urli? Perché? Ohi ,sono? E 1I1on ti posso dire che ti ò amato sempre e ti amo come tu non sai, come non ài mai saputo, come 1I1on immagini mai ? Irene, Irene ..-.. La lasciò e implorava quasi si!D.ghiozzmndo. - Ai bevuto, stasera .... E in queste condizio!Ili vieni i!Il camera mia! Quanto disprezzo c'era nella faJCcia, nella voce! Ma Stefano 1110n reagì ; ,accennò, col capo e con l'irndice, no ; e si fece forza, cercò di riacquistare la calma. Ella lo seguiva con gli occhi torbidi. - Ti p,rego, Irene, sii buona. Credi che io sono in me. Credi che se ti prego così è perché, proprio, stasera .... - E io ti dfoo che, proprio, ,stasera, finché tu non sei uscito di camera, io non inoomincio a spogliarmi : doves,simo fare matti111a. E Irene, fredda e diecisa a tutto come Stefano la conosceva, scandiv·a le sililaJbe iacoompagnrundo via via le parole con lllil suo gesto di battere palma contro palma le maIDi. Poi s'irrigidì li dov'era, in u111 atteggiamento d'attesa senza termine. - Io me nevo, Irene .... da che vuoi così: me nevo. Ma, forse, domani, chi sa?, ti rincrescerà .... domani.. .. E le fece, a,vviandosi per amdar via, il cenno d',addio : il cen!Ilo come i baimbÌIIli, con la ,stanchezza di vecchio. Appena fu uscito, Irene mise il :segreto di dentro. Aveva riposaito u111 po' verso mattina. Alle otto, dètte ordi!Ile allo ohaitfjeur di preparare 1'a maJCchÌIIla. Sul viso gli .si vedevano i segni della 111ottata bianca. - Dove comanda ? - Alle Cascine. Le Cascine, in quella mattinata di Maggio, erano meravigliose. U111 profumo, una festa di verde, e i prati fioriti di giallo e i viali dalle fughe fantastiche: in fondo a quelli laterali, luminosità favolose. All'Indiano, lo ohwufje,ur ebbe seg,no di femnare. E Stefano scese : e era più grave del solito : i primi p,a,s,silegati, e una pesantezza i111 tutte le membra; ma il fresco, lo sfascio dell'ari·a lo sciolsero e si sentì alleggerito. Un gorgheggio d'uccelli in amore da ogini fitto di fronde. So.stò alla ri111ghiera, proprio dove il Muginone immette nell'Amo : l'Arno era tutto làmine di luce, e gli alberelli famosi, là sulle rive che acquistano una lo111tana!Ilzad'incanto, avevruno. tremolii biaIDchi. E in fondo i monti turchini. Si guardò intorno. Una baa:nbina coi buccolotti bio!Ildi mandava il cerchio. BibliotecaGino Bianco
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