Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
La prima poesia del Leopardi 171 una éfulle ,sue meraviglie, uno dei Canti ove <d'anima alta geintile e pura>> meglio si esala, Le ricordanze. Tra le rioordam.ze erano quei giorni paurosi, eram.o quei versi de– solati, de' quali v,olle pur serbare un'eco e una traccia. Ritoccare e riprodurre il poema intero non poteva, 111é già per ciò che si di- .rebbe un misero rispetto unìam.o, ma per la convinzione che s'era fatta di quella che sia nobil natura : n0111 rassegnazio111e, ma ribel - lione; mortales tollere contra est ooulos ausus. Nella oantica, rfo,f– fermiamolo, era già quel vigore di sentimento, quella immediatezza espressiva, quel caldo imaginare, che sono qualità sovrrune del Leo– pardi. Né quaJlche cenno vi manca, e so1110 più che cenni, a quella che doveva essere i111 brevissimo tempo un'arte inoomparabile, la più !perifettaanen,te classioo dii questo più che -secolo e mezw iJri cui il classicismo ha 1 avuto da noi tanti trionfi; wnche tra i romantici, se loro è il Manz0111i. A me, confesso, almeno quando si tr,atta di moderni, no111 piac– ciono i volumi che di001110 di darvi TUTTO un autore: preferisco ancora le pagine scelte. Tutto Parini) tutto Alfieri) tutto Foscolo) in verità, a guardar bei.ne ,voglion dire « u111 po' più e un po' meno>) di quello che ill Parini l'Alfieri il Foscolo siamo. Tanto è vero che indubbiamente, se essi rinascessero, di vedersi oosì integrati, co.sì fAitti) si dorrebber-o. Resta inteso che, se tali raccolte, a fine di esatto riscontro e dì compiuto inveintario, si han1110 a fare, bene è che sien fatte da chi ha solerzia e sag:wia adeguate; ma s01110 più per l'erudizione che 1I1on per l'uso ittile e vivo. Questo è per dire che 111elibro delle poesie del Leopardi, dal quale certe cosette - affatto infantili direbbe la sua soreJlla - vor– rei escluse, non saprei invece non oompreindere l'Appressamento della morte) sì e no compendiato, con discretissima oculata mam.o, nelle parti di mezw. NOIIl è così d!elle prime prose ? In quei « pen - sieri scritti a penna corrente>> dello Zibaldone) e incominciati a scrivere subito dopo che la morte •si fu per aJllora allontanata, sono da principio, {?iom'era 111aturale, mancanze e i111eguaglianze: cose sapute a mezzo, giudizi troppo o indulgenti o eccessivi, e non raro nella stessa pagma intuiti sottili e profondi dl'ingeg1110 superiore e docili acquiesceinze a superstizioni tradizionali. Il grand'uomo che, pur nella tetraggine della sua filosofia, cre– deva che <<ilmo111do senza e111tusiasmo,senza magnam.imità di pen– sieri, senza nobiltà di azioni è 0osa piuttosto morta che viva>>; il grande itaJliam.oche avvertiva come « pa,dre di ogni laude)) sia « l'al– tero sentimooto di nazfo111e )); giova di ritrovarlo diciottenne i111 quel suo tragico turbamento e udirlo affermare: A morir non son nato, eterno io sono, cbé indarno il cuore eternibà non brama. GIÙSEPPE ALBINI. ibliòtecaGino Bianco
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