Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
170 G. Albini e se 'l mondo cangiar co' .premi tuoi <leggio morendo e con tua santa schiera, gii.Thllga il sos,pir di morte, e, poi che 'l vuoi, mi copra un sasso, e ,mia• memoria pera. Qui la rassegnazione si fa più piena, la pia persuasiollle più com– punta : eppure anoora un tocco, 1lievema potentissimo, un accenno ainoora a un affetto e a un volere ehe sarebber diversi è in quel poi che )l V'UOi. « Que votre volo1I1té soit faite. Et la mieinne aussi ! » dicie il Pater noster di Luigi XI, o di Delavigne per lui, se pure è luogo questo da rioor,darsene. Qui è la voilontà di Dio, non dell'uomo. Arrendersi, abbrundonarsi, oonfondersi a quella è uno sforzo hlll– menso ; è un gràn volo schiacciato da ·uill,sa:,s,so, è Ufllamemoria che , tramonta prima di sorgere. Tutto ciò in una luce di verità contristante, di passione viva, dli poesia che ha dell tragioo. E questa, come suole, va al di là della persona del poeta; 1I1oi sentiamo la pena e il tormento di tante altre elettissime nature che si troviarono a simile stretta e, rassegnate o no, ,soggiacquero e sparvero : grandi intelletti grandi cuori, dispo– sizioni virtualmente magnifiche presagi teinuti per infallibilmoote splem.didi; e tutto travolto sull'esordire nel silenzio e nel buio. Che se taluno di quellli scrisse o pem.sò un suo Appressamento della morte) era veramente la morte che già gli si appressava. Non parlo di qualche illustre credente, dellla cui lotta in extremis per la difficile rassegnazione resta vestigio. · , Mi acoorgo di aver fatto u1I1'analisi, non so se psioologica o este– tica, letteraria no ché troppo resterebbe a dire. Me ne accorgo, e ciò un poco m'impensierisce. Mi rioordo sempre - e se mi sovviem.e infinite volte innanzi a scritti altrui, è giusto mi sovveinga talvolta per oonto mio - di aver letto in Stendhal che un musicista, dopo avere asooltato in ispirito di 001I1trizioneun artioolo su una 1I1uova opera illl musica (quanto cammilllo da alllora ad oggi in ,questo ge– nere!), •soggiunse: « Benissimo. Cotesta si chiama un'analisi cri– ticia. Ed ora vem.iMno ~ serio : oiwrons la partition >>..Premessa 1I1ecessariae conclusione legittima, riprova e correttivo di ogni di– sc-orso critioo, è proprio in ciò : conosoere e aver davanti il testo. Ma lllOlll mi tocca nel modesto caso attuale : cc lo spartito>> l'ho avuto sotto gli occhi, anzi lllon ho fatto altro se non interporre qualche segno alle sue note. Ed è cc lo spartito>> non di'aJltro che di un cc pre– ludio>> molto significativo. Preludio patetioo e triste di un'opera gloriosa; ombrata aurora di un giorno senza tramonto. L'intensità e la sincerità del senti– mento sono già in questa cantica, nell'esordio specialmente e nel passionatissimo epHogo. È, ripeto, il cc funereo canto>> che il poeta adollescente, cc per cieco malor condotto .della vita in forse», can– tavia a se stesso, e che dodici a;nni di ipoi richiaimava oosì, scrivendlo ,' BibliotecaGino Bianco
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