Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
148 F. Flora Non sogghignate : voi non sarete poeta, finché non sentirete la realtà del mondo fantastico; finché non sarete innamorato di un'ombl,'a qualeohessia. C'eraJI10 i,n questa lettera strali mal celati 0ontro le Lidie e le La1agi del Carducci e contro quelle che s'inoorntravano nei suoi iirnitatori: c'erano allusioni ostili al oosidetto pagamesimo del Car– dluoci, u111 p{l.ganesimo di cui mol,to si discuteva a quel tempo. Ricorreva poi 11111 passo che diede al Carducci buoo pretesto per metter booca su quella lettera: e il passo era il seguente: Vivere pel romano è godere, vita è la festa della fibra; d'una fibra infaticabile che, quando si ritrae dall'orgia, è insoddisfatta, nauseata forse, ma t,ravagliata da desiderii nuovi. « Si sfidino dunque le tempeste del mare per cercare oro, marmi, colonne, pesci, vini, vasi pr~ziosi. Alla guerra, nei più aspri combattimenti precipitiamoci valorosi, affinché le nostre fanciulle ci amino per le nostre ricchezze. Vittorioso, darò parte del mio bottino alla vaga Nemesi che estinguerà co' suoi baci i miei desiderii, poiché potrà passeggiare per Roma, ammirata da tutti pe' miei doni. La adornino le tenui vesti tessute e ricamate in oro dalle donne di Coa; la servano schiavi abbronzati dal sole delle Indie; e le portino i più smaglianti colori, ond'ella scelga fra la porpora tiria e la sidonia, giacché - è cosa risaputa - se tutta questa roba manca, la bella Nemesi si getterà fra le braccia del barbaro che ha i piedi infangati e segnati ancora da' ferri della schiavitù, ma che ha molte ricchezze». Così cantava 'l'ibullo; ed il suo canto rispondeva al sentimento suo e del suo tempo. Quale romano avrebbe sognato il placido sorriso di casta sposa che presiedesse alla sobria mensa? Nessuno: tutti invece il ritornare briachi dal bosco in mezzo alla moglie brilla ed ai figliuoli brilli, non vedendo l'ora d'arrivare a casa per godere altre voluttà: Rusticus e lucoque vehit, male sobrius ipse, Uxorem plaustro progeni€illlque domum. Sed Veneris tunc bella calent. Intervenne duaique il Ca11duccia far piuttosto le vendette del !'luo paganesimo che per altri motivi, mra intitolò il suo scritto Per il cavaliere Albio Tibu.Uo (21 settembre 1879, 111. 9) e fece gravitare co111 bello schermo t11tte le sue cure nella difesa del buon inome e del buon ,oostume di Tibullo. Osservò che il De Zerbi avea travisato i versi del ,po~ta latirno e, pe1:metter le oose a posto, sostituì quella del De Zerb1 con una propria e fedele traiduzfo111e. Poi oomentò: Se i versi più sopra tradotti rispondessero al sentimento di quel tempo, non so né cerco : certo non rispondevano al sentimento del poeta, a cui erano strappati da un momento sarcastico della passione. Del quale, dopo ciò che v'ho riferito, potrò, :parmi, senza arie BibliotecaGino Bianco I ' I
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