Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

E. KORRODI, Reisteserbe der Schweiz 253 lis >> di difficile accesso; l'altro, - non meno pericoloso, - di determinar troppo. E, per esempio, di avvicinarsi eccessivamente a un concetto per– fino troppo corrente di concretezza svizzera e, starei per dire, bor,ghese; ciò che avrebbe dato al compito della letteratura e della cultura i segni di una fatica continua e di una limitazione ingiusta. . L'originalità invece dell'organizzazione interna del libro, che fa per un momento intravedere la figura singolare del suo ideatore come uomo vivo di cultura, consiste in ciò: che, nonostante le apparenze !li audacia nei tagli imprevisti, nelle intromissioni bizzarre e per isghembo, il libro ha una sua posizione intermedia, intelligente e bensensata. , Credete, per esempio, che la Svizzera sia il paese dei sogni inter– nazionalistici? Ebbene, pochi paesi potrebbero allineare una schiera di scrittori così caratteristicamente autoctoni o, come diremmo noi, strapaesani; e non si parla soltanto di Gessner e di Gotthelf. Ma la scal– trezza del _Korrodi non affida a questi descrittori di contadini il com– pito di parlare della natura e dei paesaggi svizzeri, sì bene a scrittori di fama mondiale, che passarono gran parte della loro vita all'estero, dotati di un'arte sottile, esperta di tutti i contatti, per esempio a Carl Spitteler che in questa antologia ha pagine bellissime su ,Soletta; o a naturalisti di razza nella cui famiglia erano tradizioni di gran viag– giatori, come Friedrich von Tschudi. Credete che la .Svizzera sia soltanto il paese della pedagogia e dj Pestalozzi ? Ed ecco che il regno della pedagogia in questo libro è ri– dotto a una« provincia ll, e gli insegnamenti si fanno dare per bocca di.. .. romanzieri e poeti, avvalorando l'acuta osservazione del Korrodi, se– condo la quale per.fino l'arte di un innamorato della bellezza come C. F. Meyer, in clima svizzero diventa, ma in modo piacevole, « eine leb– rende Literature >>. E anche nella scelta dei tre autori, a cui è dato un posto d'onore nella parte centrale del libro, c'è una ragione, non solo come rivendica– zione dell'importanza e dell'originalità delle loro idee (ciò riguarda so– pratutto il basilese Bachofen, troppo poco conosciuto in Italia), ma an– che come modo di introdurli: al mistico Lavater è affidato il compito di parlare di quella sua curiosa teoria sulla fisiognomica che gli valse· per lo meno l'amicizia di Goethe, il quale, come si sa, coi mistici aveva poco buon sangue; al mitologo e insi~me giurista Bachofen è affidata l'esposizione delle sue idee sul matriarcato, cioè sull'importanza, anzi preponderanza, della donna nella vita dei popoli primitivi, ma con ri– ferimenti tutti moderni, audacissimi, interessanti. E anche il filosofo schellinghiano Troxler qualche cosa ci starà a fare: per lo meno a di– mostrare la presenza di un « filosofo puro ll fra tanti artisti, moralisti, scrittori di storia e di scienze naturali. Del resto, anche per chi non voglia sottoporsi allo sforzo di seguire l'intima architettura del libro, quale attraente lettura è questa della bella prosa tedesca del '700 e '800. Chi voglia gustarla e insieme avere un'idea di due momenti lontani e diversissimi di quella che, un po' auda– cemente, potrebbe chiamarsi una stessa epopea, l'epopea svizzera, non ha che a leggereJe pagine di Giovanni von Muller, - magnifico scrittore, fra la storia e il mito, della fine del '700, - sulla morte di Carlo il Te- BibliotecaGino Bianco

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