Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

D. GIULIOTTI, Polvere dell'esilio voglion fare a meno, con Cristo non hanno il coraggio di guastarsi ii •••• « Quanti cattolici-fonografi! Se pregano, pregano senz'ardore, senza intelligenza, senz'anima. Labbra che si muovono, voci che risuonano, macchine. Come dire l'Ave Maria, senza cadere in estasi ? >J. Giuliotti crede all'efficacia della preghiera: non solo, modernisticamente, come mero raccoglimento interiore, ascesi, purificazione dell'orante in Dio; ma anche come effettiva generatrice delle forze che fanno la; storia. E cita un passo di Bloy : chi muove questo strepito di cavalli e di fanti contro l'invasore, a fargli argine e a ributtarlo ? Non l'apparente co– mando del generale; ma, per vie secrete, l'orazione della femminetta, che sta implorando Dio, fra le macerie della chiesa devastata. Agire,. sta bene; ma prima pregare. Meglio che attivista, il cristiano è contem– plativo .. Prima Maddalena, e poi Marta. « Io penso, per un momento, a tutti i cattolici ' in contatto con Dio'. La Terra immediatamente cam– bierebbe faccia .... i>. Ma i credenti d'oggi paion quasi tutti perduti nelle cure dei mezzi meccanici; fidenti nelle proprie braccia, meglio che nel Padre. Di qui un cattolicismo affaccendato e transigente. Giuliotti ne invoca un altro. cc Credo che dopo il morbido verrà il duro. Forse è imminente un cristia– nesimo eroico. Allora le tre Virtù Teologali ridivamperanno. Avremo nuovi testimoni, nuovi apostoli. Il Regno di Dio sulla terra si raffor– zerà, si dilaterà, sarà da per tutto visibile. E le Torri dell'Anticristo .... cadranno addosso, seppellendoli, ai loro stupidi costruttori». Quanti sono, nell'attesa, i cristiani degni di questo ideale ? L'autore denuncia umilmente se stesso fra i tiepidi. cc Quella stessa religione me– diocre che mi disgusta negli altri (e quante volte - ipocrita! - mi sono scagliato contro di loro) è poi, lo confesso, praticamente, la mia. Io vorrei, si, pigliare la croce e accompagnare Gesù; ma, sul punto di farlo, _tutte le mani dell'inesistente mi afferrano; e, mentre cado, spos– sato, tra_le cose che non sono, invano mi passa accanto Colui che è 1>. Non accdsiamo dunque l'autore d'assumere un tòno apocalittico, su– periore alla sua statura. Proprio su questo egli piange : sull'inadegua– tezza delle sue forze, d'uomo e di poeta, al miraggio superumano. << Il maggior male non è fare il male; - il non fare il bene è più male. - Pensa che nell'inerzia imputridisci - come l'acqua ferma d'un pantano. _:__ Fùstigati, vigliacco, - se.credi, restando seduto; - e ficcati bene in mente - che il Cielo è de' violenti ii. .SILVIO D'AMICO. RAFFAELLO FRANCHI, Piazza natìa. - Buratti, Torino, 1930. L. 10. Dopo le confessioni, i fatti personali e i conti con se stesso del- 1' e< Europeo sedentario», ecco un altro breve libro-carrefour del Fran– chi : un libro che per l'intonazione intima e raccolta dei suoi motivi, autobiografici tutti, ma trasportati in un'atmosfera di distacco e di contemplazione che è già un segno di maturità, avvia il nostro pensiero a quel gruppo di brevi componimenti in prosa, nati sotto il segno e l'influsso dell'ultima Voce, che rappresentò per il Franchi la prima presa di possesso. dei propri mezzi espressivi: Liwe sitlle case. Il ca- BibliotecaGino Bianco

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