Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

248 D. GIULIOTTI, Polvere dell'esilio cento. E tutto potrà dirsi: ma non che la sua delusione del «mondo», la quale già vent'anni addietro ispirava, a lui non ancora cristiano, i versi suoi migliori; e il suo disperato cercar rifugio in Qualcosa che sia di là da l pantano in cui si sente affondare; e insomma il suo tragico abbrancar.si alle braccia della Croce, non siano sentimenti diventati sa ngue del suo sangue. « Il mondo non solo non mi seduce, ma l'odio. Conosco i suoi frutti; mi pendono intorno a portata di mano. Odorano, splendono, invitano. E non li colgo ! So di che cosa son pieni : in questo cenere, in quello veleno, in quell'altro putredine». Ci vuol poco ad accorgersi che, nel suo sdegno verso cotesto «mondo», per il quale Gesù non ha pregato, Giuliotti non indugia su distinzioni troppo sottili ma, nella paura d'esser contaminato dal– l'erbaccia velenosa, mette un poco da parte i cauti insegnamenti del Maestro (Matt., XIII), correndo pericolo di bruciare in un sol fascio, qualche volta, la zizzania col grano. E certe sue compiacenze nel mi– stero. (o nella cabala?) di simboli e d'allegorie posson forse parere, al gusto di molti, puerili. E alla sua sommaria scomunica, non diciamo del Cinema e del Teatro, ma della Scienza e della Ragione, sarebbe facile rispondere, per esempio, che è esistito un grande Teatro cristiano, e che scomunicar la Ragione è cosa pochissimo cattolica (vedi in pro– posito un passo giustissimo di Chesterton, ne L'ingenuità del padre Brown). E in conclusione non saranno probabilmente i libri di Giuliotti quelli che un buon pastore d'anime, alle prese col problema d'offrir la salute non a un élite ma a tutte le sue pecorelle, potrà scegliere per testo di propaganda. Senonché le cose muteranno sensibilmente d'aspetto se cotesti volumi andranno considerati per quello che sono : documenti, lirici e polemici, di passione religiosa. Allora, anche dove lo stile di Giuliotti manca di più, anche dove l'insufficienza della parola s'avverte con più angoscia, quand'egli s'arrabatta a sforzare i vocaboli e a foggiarsene di nuovi e a tentar d'inciderli aiutandosi con ~utte le risorse non escluse quelle ti– pografiche, si riconoscerà tuttavia l'ànsito dell'autore, che gli fa stri– dere e stroncare il pennino contro la carta. « Meglio (sebbene orribile) un cattolico diabolico (del resto infrequente) che vive e muore, consa– pevole, con addosso i sette peccati mortali; che un cattolico stupido, superficiale (purtroppo frequentissimo), praticante per abitudine e gal– leggiante sui misteri, come un pesce morto sull'acqua». Ecco una sentenza che, anche a qualche apostolo, potrebbe parer semplicistica: ma come non riconoscere il bruciore che attesta ? Oristiano che non cerca attenuazioni, né alla bolla Unam sanctam, né al dogma più spaventevole per la coscienza moderna, quello dell'In– ferno, Giuliotti grida: « L'Inferno, come il Paradiso, testimonia della nostra immensa grandezza: o eternamente salvi o eternamente perduti. L'anima, luminosa o buia, spezza la cornice del tempo». E l'osses– sione di Giuliotti è quella della circostante « mediocrità » cattolica : è che la Chiesa non sia, nel cuore del mondo marcio, una foresta d'eroi. « Conosco dei cristiani.... i quali chiamano il mondo sottovoce perché non senta Cristo, e Cristo pure sottovoce perché non senta il mondo. Essi amano il mondo e hanno un certo timore di Cristo. Del mondo non BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy