Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

U. FRA00HIA, La Stella del Nord 247 rosea, incantata di sé, in una giornata serena di settembre. Fracchia ha avuta felicissima mano a dipingerla. Ma non si dimentica neanche Iupiter: quest'uomo che vive in un sogno, immerso in una mania 'che è a un passo dalla pazzia innocua, fa con Celeste un dittico delizioso. L'autore v'ha impiegato con un impasto assai riuscito le sue più sciolte qualità descrittive insaporandole d'un'ironia leggera, a tratti minuti e intensi; e in un'aria di gustosa ironia ha avvolta anche la figura dèl conte Pepi, dandogli uno sfondo romanzesco che ha tutti i colori del patetico grave e drammatico, eppure adunando nel ritratto più d'un elemento grottesco. Contrasto singolare, e pie~amente riuscito. E probabile, per fare un'ultima osservazione sulla tecnica del ro– manzo, che qualcuno troverà sproporzionati, nell'economia del libro, il racconto del conte, e quello di Massimo. Io credo che l'autore, inseren– doveli, l;abbia fatto, più che per legare gli elementi dell'azione (avrebbe in tal caso potuto ricorrere a un altro espediente meno diffuso), per sug– gerire, anche con queste apparenti interruzioni della trama, il vero tono, l'aria vagamente romanzesca in cui baigne tutto· il romanzo. Anche queste inserzioni ci richiamano dunque al romanzo settecentesco, alla sua struttura allentata e fantastica, agli ingenui miraggi di quel genere di romanzesco : non ultima, questa, delle attrattive della Stella del Nord. G. TrrTA RosA. DOMENICO GnJ°LIO'ITI, Polvere dell'es-ilio. - Vall,ecchi, Firenze, 1929. L. 10. Anche in quei cronisti che distillan le recensioni secondo una loro politica del tempo e dell'opportunità, può esser nato il sospetto che sia venuta l'ora di riveder certi giudizi su Giuliotti. Il coro degli strilli levati otto o dieci anni fa contro il suo cosiddetto scandalismo è stato tanto unanime, che parecchi dei gridatori debbono essersi un poco spaventati, se non d'altro, della compagnia in cui si trovavano. E d'altra parte non è senza significato il fatto che Giuliotti, pure smus– sando certe sue forme e violenze verbali, sèguiti a picchiar sodo sempre nell'identica direzione : con una costanza che, in questa nostra epoca cosi piena di mutamenti, tradisce un'irrimediabile fede. Si potrà dir sul conto suo tutto quel che si vuole, e alle volte magari, più o meno inconsapevolmente, quel che non si vorrebbe : ma è impossibile negare che Giuliotti, in un mondo letterario oggi per nove decimi popolato di fantasmi, sia lui e non un altro. Non un altro; e cioè non Bloy, non Hello, non Veuillot; scrittori assai variamente giudicabili, e che hanno dicerto avuto un'influenza decisiva sul suo spirito (in questa Polvere deW~silio, si risente soprat– tutto Hello); ma che non bastano, onestamente, a risolvere il Nostro. Intanto prima dei maestri francesi, in Giuliotti c'è il toscano, - se non pr~prio lo «strapaesano», che siamo avvezzi a immaginare in. atteggiamenti molto più concilianti verso 1~, carne; e _c'è un3: spe~ie di fµrore tutto medioevalista, laddove la pm parte dei « santi neri l) di Francia, che gli sono imputati a modelli, sanno di sei e di sette- BibliotecaGino Bianco

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