Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

V. E. ALFIERI, Lucrezio 235 avrebbe avuta del greco classico. Di dove deduce questo l'Alfieri ? Da alcuni errori di interpretazione del testo di Tucidide nella descrizione della peste ? Mi pare troppo poco. E che Lucrezio non fosse conoscitore e lettore di tutti i suoi greci come erano i suoi contemporanei più colti, e che ignorasse Platone, mi pare cosa insostenibile a priori, la quale, per essere sostenuta, avrebbe bisogno appunto di una documen– tazione esplicita e certa. Voglio anche dire che l'Alfieri, quando scrisse questo libro, era tuttavia alunno della Università, di Pisa, appena pochi anni fa; e che questo libro, pur nato da un esercizio scolastico che l'Alfieri compose come alunno interno di quella Scuola normale superiore, è già un segno singolarissimo di compiutezza di studi e di precoce maturità di animo e ·di pensiero. Io ricordo questo giovane : il quale, tra altre sue virtù, anche questa aveva principalmente, di essere poverissimo; e tuttavia doveva egli stesso soccorrere ai suoi e provvedere a sé come aveva fatto fino dagli anni che era, in Parma, scolaro di liceo. Né può, oggi, appena laureato, fare parte di quel pollame, pollastrelle le più con appena qualche ,galluzzo, dico di quel pollame grazioso ed erudito che si alleva nelle stie universitarie: e s'è impiegato presso una casa editrice. Io non lo esaltai allora, né lo esalto ora se dico la mia certezza che qual– che cosa di assai notevole possono sperare e aspettare da lui i nostri studi e la cultura del nostro paese. E lo amai e lo amo ; e appunto perché lo amo, anche questo aggiungo: c'è in questo libro qualche eccesso di eloquenza: bisogna liberarsene, stringendo la disciplina e raddoppiando la meditazione. · MANARA V ALGIMIGLI. ARRIGO LEVASTI, Sant' Anselmo. Vita e pensiero. - Laterza, Bari, 1929. L. 14. La gran difficoltà di una monografia su Sant' Anselmo è quella di sta– bilire un equilibrio, e un rapporto, fra la trattazione dell'Anselmo filo– sofo-teologo e dell'Anselmo primate ecclesiastico. Il monaco di Bee si riconnette ancora facilmente all'autore del Monologio e del Proslogio: fu. proprio nella sua cella monastica che Anselmo trovò, dopo molto affanno, il celebre argomento ontologico dell'esistenza di Dio: « esi– stere qualche cosa di cui nulla si può pensare più grande». Ma l'arei~ vescovo di Cantorbery e primate d'Inghilterra, in lotta con i suoi re per la• difesa dei diritti ecclesiastici, e profugo in Francia e in Italia. presso l'arcivescovo di Lione, alla corte papale, in un chiostro di Terra di Lavoro, appare completamente separato dall'Anselmo primo lumi– nare della scolastica ortodossa. Il Levasti ha distinto nettamente le due trattazioni, «Vita» e « Pensiero >> dando alla prima parte appena un sesto del suo volume : proprio il c~ntrario di quanto àveva fatto, quasi ottanta anni indietro, Charles de Rémusat nel suo noto e bello Saint Anselme de Cantor– bery (1853), a cui no~ per nulla, aveva dato come_s_ottotitolo: _«Quadro, della vita monastica e della lotta dél potere sp1r1tuale con 11 tempo- BibliotecaGino Bianco

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