Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

228 P. Pancrazi Ambrosini ebbe altri difetti e gli nacquero tutti dalla sua natura di letterato. Quel suo gusto della parola, quella volontà di dire, specie negli articoli più svagati (viaggi, cronache, paesi.. .. ) restavano talora soli con se stessi, scoperti. Ambrosini pigliava allora un tono vagamente esor– nativo ozioso come il letterato che scrive, sì, il capitolo, la disserta– zione Ì'elogio' ma solo punto vivo in quelli, resta la letteratura, l'animi ' ' ' . h . causa, il divertimento del dire. È colpa grave ? Diciamo, via, c e si può peccare anche peggio contro lo Spirito Santo. É Ambrosini stesso lo seppe. La sua pagina, pur così variata e così brava, restò spesso un po' staccata, un po' sorda. Fosse un li9ro, un fatto, un uomo, spesso restò nella realtà ch'egli accostava un punto ultimo, una verità non raggiunta. Il suo mondo spesso rimaneva colore; la poesia, forma; i suoi ritratti d'uomo, epigrammi. Per difetto d'intel– ligenza? Direi piuttosto per un meno d'animo, di passione. Vedete il disegno stesso dei suoi libri. Della guerra, lo scrittore restò ai margini, ai confini. Quando il critico scelse da sé i suoi autori, l'uno fu Teocrito, un alessandrino, l'altro, si, un gran poeta, ma tutto risolto in arte, l'Ariosto. E questo gli piaceva di Teocrito : « la verità è che Teo– crito non ti dà in questi canti la cieca, mortale passione; ma ÙJ, comme– dia della passione, le sue alterne .vicende, i capricci, i giuochi, i di– spetti». E questo il critico deduceva dall'Ariosto: « lo stile è la co– scienza dell'espressione. Lo stile non sono le cose per se stesse, né lo stile ,è l'uomo, qualunque uomo. Poiché esso presuppone qualità spiri– tuali ordinatrici e armoniose, lume e disegno di composizione, intelletto chiarificante, lo stile è l'artista, lo stile è l'arte». Nella vita o nell'arte, dell'umano, del troppo umano, Ambrosini diffidava. Ne era soltanto urtata la sua naturale misura, il suo freno, o piuttosto temeva egli di restarne sotto, di non sapersi adeguarE) ? Il gusto letterario che fu il suo dono, fu anche il suo limite. Glie ne venne non so che scarsità di vigore logico e la conseguente difficoltà di conclu1ere. Diciamo tutto: più di una volta il suo riserbo poté sembrare estra– neità, e quasi una punta ultima di ·egoismo. Ecco perché questo scrit– tore, pur così facile e pronto, restò scrittore di pochi, non fu mai po– polare. Rivedo ora l'uomo e come subito scrollava da sé ciò che non gli piacesse. Il suo gesto di fastidio. Anche chi gli volle bene anche gli amici, sapevano che in Ambrosini c'era un punto d'arresto, ~na gelosia di sé, che non conveniva tentare. Fu socievolissimo uomo ebbe come pochi il dono di piacere, eppure Ambrosini portava con sé' segreta la piega, l'ombra del solitario. ' ' II. Deg~i scritti che Luigi ,Ambr~sini ha lasc~ato inediti o dispersi, si far~ mai un volume ? Ce 1 aug~riamo. Alcum s_uoi saggi storici degli anm della Voce, per finezza e vigore furono subito famosi. Indicavano una strada che poi Ambrosini non percorse. Ora, tra le carte di lui la signora Maria Ambrosini. Majoni, v_edova dello scrittore, e gli amici hanno trovato pr_osee _versi che ~on _sisapeva?~· La p~ma curiosità; per la sorpresa, va ai versi. La poesia di Ambrosmi non c1 rivela un aspetto BibliotecaGino Bianco

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