Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

. Lettera a una donna bella 223 Così m'accadde che, avendo la comodità di considerare lei per più di tre ore senza scandalo, prima per la lucidezza, proporzione e serenità delle sue forme la giudicassi fra tutte le presenti bellissima; poi, che la sua bellezza, anche se nata e fiorita in Inghilterra o in Irlanda, in Au– stralia o in America, mi sembrasse di puro canone nostro, quasi che i suoi genitori avessero creandola tenuta presente una pittura di Raffaello o di Tiziano; e questi sono i veri iniracoli d'una potente civiltà. Per indicare soltanto due particolari, le ritrovavo infatti sul collo quel velato giocare dei muscoli a triangolo che reggono e muovono la testa, il quale• gioco in altre razze prestissimo si scopre essere di dure corde o si nasconde nell'inerte grassezza, e nelle belle italiane dà invece alla liscia colonna guizzi di luce e di tenerissima ombra fino alla fos– setta tra sterno e clavicol~ donde gemiti e sospiri pullulano prima vi– sibili che udibili; e• a metà nella discesa della spalla la lieve tondezza che i dotti chiamano trapezio, che è come un riposo per l'innamorato senza fretta, e che nelle donne settentrionali manca per magrezza ov– vero per adipe si gonfia .fino a nascondere l'attacco del collo e fino a sembrare un tozzo sostegno da lassù al basso peso dei seni. Lo sciam– pagna poi cominciò, passata la mezzanotte, a lanciarle rosee vampe sotto la pelle fina, tanto fugaci che, non m'avesse rassicurato l'impas– sibilità dello sguardo, avrei con paterno dolore immaginato nel suo cervello, signora mia, un correre di propositi pel 1930 avventatissimi. Per dirla in breve e per tornare subito a rifugiarmi dietro le tele e le carte, se potevo trovarle una sorella, essa era nel salone di Burlington House la donna, ma più pingue e formosa, che negli « Amanti veneziani >> di Paris Bordone appoggia con grazia la fronte alla gota del suo scarno amico, ed ella guarda lo spettatore, ma egli guarda lei e sul petto il suo calmo respiro. • Tema eterno e infinito, il tema della bellezza femminile·. Tutte queste, vede, non sono che osservazioni preliminari. Il grave per me viene adesso. Mentre un anno così se ne andava nel buio e l'altro can– tando sopraggiungeva e, tornata la luce, ogni donna' col pretesto della cipria o del rosso si guardava nello specchietto e alzando le sopracciglia pensava: - Un anno è passato, ma io sono la stessa, - e in verità era passato soltanto un minuto od un'ora, io al solito cercavo le parole, ché questo è il mestier mio, per meglio definirmi e ricordarmi lei che non avrei più riveduta. Cercavo le parole, che è il miglior modo per acquetare e chiarire i pensieri, e col mestolino di legno agitavo nel bicchiere lo sciampagna per togliergli il frizzo del gassoso e chiarificare anche quello. E in quella ricerca m'accorsi che da molti e moUi anni, tra tanto che ho scritto, non ho descritto una donna bella. Peggio : che intorno a me scrittori vecchi e giovani, dai tempi forse in cui Antonio Fogazzaro o Gabriele d'Annunzio· componevano romanzi, hanno perduto l'abitudine di porre a centro e perno dei loro racconti e romanzi una donna prima di tutto bella, e la lotta anche mortale per soggiogarla. Peggio anc6ra: che gli stessi pittori, in un'arte la quale è tutt'occhi, fuggono ormai da quella ricerca della perfetta bellezza che da Atene a Venezia era stata per millenni il loro tormento e anche la loro felicità perché, aggirandosi in quella ricerca dei tratti convenienti alla bellezza, essi finivano a ere- B1bl,otecaGino Bianco

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