Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930

Cinquemila lire 219 Intan to bisogmava andare dal macellaio a vooder la carogna; e spera.re che il veterim.ario non venisse a .sospettare di nulla. Si se ntiva scoppiar la testa fra le mani. Era a ,gedere sulila oonca dove abbeverava le bestie, fissato, senza un battito di palpebre; a momenti pareva che le ombre parallele delle oostole saJienti ,gi mo– vessero ,per tutto il OOI'ipO. Ma e ra morta bene. Se avesse chirumato il veterinario in tempo, f.or.se non sarebbe morta! Ma quando si è poveri in canna e si de ve guar dare al risparmio, è aJ11orache suc– cedon le disgrazie. Già le disgrazie ,succedlono soltanto ai poveri .... Gli parve di sentir qualcu1I10che ,si J,amentava, di sopra. Stette a sootire. Era UIIlla,mento basso, sordo, e cresceva: sembrava ooa bestia, una bestia in angoscia; il lamento ,si'annodava in U1I1 viluppo pauroso che si sciolse in U1I1 urlo, un urlo che veniva dal profondo delle viscere : la Fosoa, era la Fosca : i dolori deil parto ! Tito si mise le mami 1I1eicapelli, si tappò le ,orecchie: << Urla, urla, sver– gogmata !)). Ritornò il silenzfo; Tito si alzò in piedi: nulla, più nulla. Pas•sarono oosì alcuni momenti : quanto ? oome se tutto fosse sospeso, anche i battiti del cuore, poi uuo strillo acutissimo gli lacerò il cervello, e un pensiero sor,se da u1I1'ombraoscura, J,ampeg– giamdo oome una lama che travers3isse da parte a parte il capo : « Poteva esser morta lei, inveoe )). Lo strillo si spense bruscamoote come' era sorto ; ne rimase una vibrazione nell',arìa, e neille braccia, IIlelle mani un tremito. Sentì un passo affretta ,r.si su per la scala: ma lui non si poteva muovere, era j,nchiodato lì. Si rammentò di quando la Fosca aveva avuto Ettore. Le era venuta la febbre, era ,stata in fim. di vita, più di là che di qua. Allora lui s'era dato aJla disperazione, aveva ,sofferto con lei, ora per ora, minuto per mi– nuto; e quando gli spasimi s'erano caJlmati im.quella pace che era già agonia, iS.i era sentito morire oon lei; e, dopo, .risuscitare con lei. Come aveva potuto soffrire così ? E ora, lì sopra, nasceva il :figliolo di un altro ! A un tratto si 31p·rìuna :finestra e una voce chiarissima gridò nel buio: - Ma alla levatrice, chi ci pensa? Dov'è Tito? - Tito stette zitto ; non aveva core di ri,spondere ; e gli pareva di cOllllmettere un delitto a non parlare, come a là.sciarla morire, a ari:l.mazzar 1lada sé. Ma pooo dopo daill'aj,a, rispose la v•oce incerta dli Felice: - Se non va nessuno, vo io. Allora Tito uscì dalla stalla, e alla viottola scostò Felice con un urtone. L' Angiollina era accorsa subito. Ma prima di lasciarsi amdMe alle onde della sofferenza che si propagavamo dentro di lei a roffiche, a strappi, la Fosca era sta,ta zitta, reggendo il patire ooi denti stretti per non farlo uscir dalla bocca; atta,coondo,si alle lenzuola, spim.– gend!osi le nocche delle dita fra i dooti, per mordere e non urlare. B1bhotecaGino Bianco

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