Pègaso - anno II - n. 2 - febbraio 1930
214 D. Cinelli. sua. Allora vendeva, e ricomprava più in là. Questo era il suo forte, e non l'eoooomia; ma, a un tavolo vicino, era presente suo figlio, e egli parlava per far-si intendere dal figlioilo. - Sta bene - rispose qualcuno a voce più bassa accernn31Ildooon u111'alzatadi spalle a Felice, - ma ci vogliono anche le ciroostanw. Nom. è mica da tutti di trovare un padrone come ,quel1o. - A uno a uno po-sarono gli occhi su Felice. F<eliceaveva gli occhi spal31Ilcaiti, ma chissà oosa vedeva 111ellla nebbia di fumo ohe gravitava ver,so il soffitto della st31Ilza .. Era t utto rientrato 111,el divamo a muro del suo angolo. Aveva u111a ma.no in tasca dei calzioni e l'altra ,sul marmo del tavoli1110,u111ama no g rassoccia, floscia, con la carne tra i pol– pastrelli t-raspareinte alla luce, e llentamente ma se111za mai smettere, apriva e chiudeva le dita. Teneva il cappello abbassato sugli occhi, 0ome per riparwrsi dal lume. Dovette avveTtire che lo guard:=tNOino; perché ritirò la mano, e cambiò di po,sizione, calcandosi il cruppello ancora più basso su1i1afronte, e, dopo un momento di -sosta, co111 la medesima lenta regolarità, ,prese a oscillare il capo come un pen - dolo. Glli uomini 111001 l'avevano più lasciato com. gli sguardi affa.sci– nati da quel movimento; 111-on diceva più nulla nessuno; soltanto dopo che Felice si fu ricomposto !Ilel.suo isolamooto il florido mez– za111O dprese : - Appunto: lì vi aspettavo. Gli uomini come Tito, ohe o prima o dopo devono farsi strada, si trovano loro i padroni come quello : è llì la bravura. E quando l'h31Ilno trovato ci si attaccam.o; è un istilllto come quello dei caJJ.id'a caccia; come succede a iil.lil:aa:rwrarsi. Del resto a guardar bene per il sottile, succede di ,tutte le oose cosi. Si fa. le meraviglie, dopo ; si dice : si vede che era desti1110,oppure : che fortuna! E invece se si andasse a rived'er bene, si troverebbe che ,è questione di volontà; e, credete a me, di naso; ,di naso. - E si mise a fiutare, a annusar di qua e di là come u111 cane a vento, che lo capissero tutti che lui di quel fiuto era ben provvisto; ci fu irnfatti chi servilmente accondiscese: - Te lo puoi dire, .che, di .naiso, te ne irntendi. VIII. Tito viveva giooo,ate d'inferno: in quell'asprezza di sentiirsi padrone c'era il veleno. Quel1o che lllO!Il avrebbe mai credJuto possi– bile, quel che s'era riguardato sin di desiderare di formulare col . . ' poosiero, s1 era avverato: perché era scontento .svogliato pieno di • ? L' . ' ' dispetto . Acquaviva era •sua, la terra che lavo·rava la cI1,sa· le bestie, g1li ar!Ilesi, tutto era suo, eppure !Ilonne aveva s~ddisfazi~ne. Era Ulll pfocolo pezzo di m0111do, chiuso illl quei confini che gli hasta;a BibliotecaGino Bianco
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