Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930
32 L. Salvatorelli che il suo ,programma di « l~tta per la produzione del sublime» ha un carattere anoor più idealiistico, dommatico e intrainsigente, - e qui!Ildi, secO!Ildole ,sue premesse, generatore di «Terrore>> - di quello della rivoluziO!Ile giacobÌJna, appunto per la .sua mdetermi– natezza e infinità. E quaindo eg1li ci esalta la moralità della vio– lenza pr,oleta;ria, compiuta senza -odio come ipuro atto dli guerra, noi, anche ,senza formarci a rilevare l'idealizzazione utopistica, siamo rtratti a riflettere che l'essersi gli eserciti della grao::tdeguerra combattuti senza odi personali, non ha impedito che, a guerra com– piutll,, milioni di cadaveri sia/Ilo rimasti sul terreno. Sotto questa luce della 11ottaper la lotta prende compiiutamoote figura il « llllito >> ,soreliooo dello sciopero .generale. Si sa che cosa il Sorel :un.tendeper mito: un'idea suscitatrice energica ed :un.esau– ribile di azione, creatrice e plasmatrice dli vita sociale 111uova, seb– booe non desti!Ilata come tale ad attuarsi veracemente mai (esem– pio analogo : il Reguo di Dio e il ritomo del Cristo !Ilel cri,stiane– simo primitivo). E si sa anche l'obbiezio111e che il co111cetito soreiliano ha provocato immediatamente (fra noi, per esempio, da parte del Prezzoli!Ili): perché il cosiddetto mito sia davvero produttivo di azione, occorre che la gente creda alla sua realtà, cioè che 1110n lo , ritenga u!Il mito. I prioni cristiooi credlevao::to veramente al Regno di Dio e alla parusia del Cristo. OO!Ilclusione: è impossibile « lan– ciare>> dei miti di questo genere, ,sapendo e dicelll'do in ·anticipo che essi ,sono tali. L'idea dello sciopero generale 1110111 poteva realizzare davvel'o l'azione compatta, ·guerriera, eroica deil proletariato, sul terreno della i!Iltransigente lotta ·di classe contro la bo;rghesia, ove a1 proiletariato lllledesimo noo s'ispirasse la fede nella possibilità della ,sua atttuaziooe, e 111el raggiu111gimento di uno ,scopo finale a cui lo sciopero generale medesimo dovesse portare. L'obbiezione è inoo!Ilfutabile, per il comune buon ,senso e per l'esperienza reale della 111aturaUIIIlana. Ma essa nO!Iltocca la psi– rologia del ,Sorel, appu!Ilto perché a ilui il fine', verrumente, 1110n im– portava: gli bastava l'azione, con la conseguente discipli!Ila morale. Perciò egli si accomodava facilmente a ,rinU111ciare alle previ– sioni del futuro, e riteneva questa ri!Ilu!Ilcia« essenziale per il ma– terialismo ,storico», come scrive al Croce 111elll'aprile 1898 (i!Il Cri– tica) 1927, p. 170). Anche qui colui che predieava quasi oontempo– raneamente il l'litoroo a Ma.rx (lettera al Croce del giugno 1897, in Critica) 1927, p. 45), si staccava invece radicalmente da llui. Ce!'lto, Carlo Marx non ha mai dipi111toquadri particola,reggiati della futura Città ,socialista; ma ha creduto fermamoote nell'av– vento della società proletaria al posto di quella capitalistica, vi ha creduto con una fede paragooaibile a quellla degli apocalittici giu– daici !IlelRegno di Dio. E ci si può anzi doma.ndare se il suo mate– rialismo storico e la relwtiva cattastrofe immancabile della società BibliotecaGino Bianco
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