Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930

22 A. Palazzeschi fu, si sottintende, che Vittoria d'Inghilterra conduceva a Firenze una vita semplidssima, come una signora qualunque e dellle meno schizzmose. Girava per i via,li, i passeggi e le colline francamente, iin una carrozza assai comune, vestita di nero ,qua,si con trascura– tezza; e portava sempre ficcato in testa un panamino o un feltro biamco che le scendeva in mez,zo al vi8o 1piinguee rotondo. Per un popolo di solidi realisti si vede che ce n'era abbastrunza, ma non ba– i-tava a un popolo di esteti sentimentali che osava pretendere qual– che 0osa di più: che la Regi:na facesse a,lmeno un pochino la sua parte, cosa piacevollissima a vedersi. Ma a questo desiderio la So– vrruna non corrispose ma,i. Non prodigava saluti speciali, e rispon– deva coincenni brevi e un po' duri, mostrando decisa un unico desi– derio, quello d'•esser lasciata in pace per godersi qualche istante di libertà prima cli morire. Né valeva la figura a rialzare la situaziOIIle che così seduta nella carrozza, corpulenta com'era, ool busto rincal– zato 111ella pruncia, il collo dentro il busto, e il pana;mino illl testa, pareva di veder sotto l'abito un cocomero co111 u111'ara1I1cia sopra, e sopra un tegamino da frittate. Accadde anzi um.a volta che transi– tamdo essa proprio per quel viale che da allora porta il suo nome, il vento le portò via il cappello, e lliil cittadino p-remuro.sissimo c,or,se d[,etro il cappello che ruzzolava ool vento e appooa a:fferratollo si sl8Jllciòfolice alla carrozza che si era fermata. La Regiina prese di sua mano il cappello dalla mano del brav-o cittadino, e ringrazia– tolo con un cenno c,ordial,e se 110 rificcò in testa : la carrozza pamì e il cittadi1110rimase a gambe larghe piantaito oome u111 cetriolo nel mezzo del viale, che 1110,n avrebbe mai supposto di rimaner così pooo dopo d'aver reso il cappello a una Regina. Disse poi a tutti che se quel cappello fosse stato trova.to a caso per la strada da chicchessia, il cuore non si sarebbe ,spalrunc ato aJlla vista, e la cosa più difficile sarebbe stata quella ,d'indlovinarne il possessore. Fatti di questo genere disorientarono sul principio l'aspettativa e la curiosità. Si sapeva che nei gia,rdini dellla sua villa sotto Fiesole la Regina passeggiava sopra un ciuchino e seguìta da due moretti, ma a un certo p,unto, noin si sa come, oorse una voce che prese cre– dito e 1 le valse di c-olpo la popolarità. Pare che alla Sovrana, negli anni tardi della veochiezza, piacesse· il mommo ,sì o qualche cosa . . ' ' molto ,snmle al mommo, e che fa ridere e cantare oome dice il popo- lino; e che la s-era dopo oena fosse un tantiino all~gra e che ciò capi– tasse sovente, quasi ogmi ,sera. Vige a Firenze ulll gusto profOilldo di denunciare oorte debolezze o peccati dei sensi, non per condannarli veramente, macché, ma per la, gioia gra;ndissima di poterne parlare, e oon llusso di particola,ri elevatissimo, strizzando un occhio indul– gente o co111cl'annando solo colle parole; quello del bere poi diffuso allora più che oggi, era ritenuto un peccato veniale e ritoouto il vino dono direttissimo del Signore, e peccato mort~le il lllOn ap- BibliotecaGino Bianco

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