Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930
122 OH. Du Bos, Le dialogue avec André Gide ecc. con le cautele più ovvie, non trai::cende in una polemica arida e ingene– rosa come quella recente del Massis. Il suo libro vuol essere anzitutto un monumentum amoris, un omaggio devoto all'arte del suo grande amico. Senonché, amico Gide, sed magis amica Veritas. E per questo, tra l'adesione e la negazione il Du Bos sceglierà una strada interme-, dia quella della comprensione illuminata e severa. E rifacendosi a una vec~hia definizione del Olaudel su Gide cc esprit sans pente ll il Du Bos additerà, nell'ultimo Gide soprattutto, sotto le maschere del << gratui– tismo >l e della << disponibilità l> via via assunte per suggerimento del « sophisme de bonne foi ll, una certa inclinazione a seguire la << pente ll più facile - che è poi, sebbene il Du Bos si astenga dalle parole crude, la china della propria corrività morale. Di qui la mancata distinzione tra coscienza psicologica e co– scienza morale; di qui il cavillo sulla perfetta naturalità dell'amor .greco - come se ogni atto della vita non fosse una correzione della natura; di qui il gusto d'impegnarsi nei più gravi problemi della vita morale e di risolverli inopinatamente nella semplice •<< catarsi estetica l>. • (Il Du Bos non è un critico idealista: da noi questo accenno avrebbe forse altra portata). E non si creda che rilievi di tal genere costituiscano soltanto per il Du Bos materia di un plaidoyer morale, ché anzi al critico servono acutamente quali segni rivelatori di alcune gravi in– certezze creative del Gide. Singolare è l'esame della genesi dei Fauw Monnayeurs che il Du Bos sostiene essere stati dapprima concepiti .secondo l'estetica del romanzo obbiettivo, distaccato, del rorrian-fieuve insomma senz'ombra di complice gidismo fra l'autore e i suoi perso– naggi; ed essersi in cammino arricchiti (ma in rapporto al primo mo– vente impoveriti) di ogni sorta di elementi diversivi e riflessi. In virtù del cc sophisme de bonne foi l> il Gide ha potuto certo riconoscersi nel suo libro, e il Du Bos non intende chiudere gli occhi sul valore del ro– manzo, che è anche per me un romanzo-saggio, un ballo dei più interessanti del nostro tempo. Resta il fatto che il rapporto tra il romanziere del libro e il Gide stesso, tra Edouard e Gide, è il rapporto <)he corre dal << meno ll al << più » e che il personaggio di Edouard dice come anche nei Fauw Monnayeurs, il Gide abbia seguito la china a lui più facile. Ma le osservazioni strettamente estetiche abbondano aneli.e a proposito di altri libri gidiani, e taluna (« Lafcadio se trouve avec .Julien Sorel dans le meme rapport qu'un Beardsley avec un Bronzino l>) può ben essere detta rivelatrice. ,R una qualità che non ci sorprende nel Du Bos e che in questo volume - appassionata critica in fieri di uno scrittore in pieno svolgimento - si fa se mai meno sensibile che ,altrove. Non bisogna dimenticare che l'autore del Dialogue aveo André Gide non è più (se fu mai) un esteta puro, ma anzi uno spirito che ha ormai ritrovata la sua strada e la sua legge. Perciò non fa meraviglia se la quarta e più folta parte del volume - cc Le Labyrinthe à Olaire– Voie ll - che contiene pagine eccellenti sul « dittico Wilde-Gide ll, studia l'influsso del demonio sull'opera dell'ultimo Gide; e se la finale « Let– tre-Envoi à André Gide ll costituisce una palinodia, non della sostanza :a dire il vero, ma del tono di tutte le affermazioni precedenti. L'amore :succede alla critica, che non è spettacolo frequente; e il libro si chiude BibliotecaGin.oBianco •
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