Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930

104 DANTE, La vita nuova ecc. fosse sustanzia corporale». Come sarà dunque possibile prestare al racconto di Dante intera fede in tutte le sue parti? Pur riconoscendovi un fondo d'umanità, e in qualche modo anche d'autobiografia, dovremo a,mmettere ch'esso è stato deformato e stravolto in modo che non è sem– pre facile determinare con precisione. Talora le pazienti ed oneste inda– gini del D'Ancona, d'Isidoro Del Lungo, del D'Ovidio, di 1;1,ltri, intorno a Beatrice e all'amore giovanile di Dante; ci fanno un po' l'impressione di romanzi costruiti in margine ad un romanzo : ed è naturale che 1 a paragone della delicata e fragile struttura della Vita nuova, essi ap– paiano un poco fastidiosi e pesanti. S'intende facilmente come ad altri gli schemi e i simboli evidenti dell'operetta dantesca, l'atmosfera eterea e celeste del racconto, le espres– sioni rituali e i ricordi biblici abbiano suggerito una via d'interpreta– zione diametralmente opposta. La figura di Beatrice, così poco umana e càrnale, doveva essere un simbolo; il romanzo tutto una finzione alle– gorica. ,Su questa strada, iniziata con cautela dal Bartoli e dal Perez, si poteva andare molto lontano, fino a perder di vista il punto di partenza, e cioè proprio quella Vita nuova che si voleva definire e spiegare. Si è giunti infatti, dopo parecchi e svariati casi, alle avventure settarie e ,· misteriose raccontateci poco fa da Luigi Valli, in uh suo grosso libro, non senza entusiasmo vivace e polemico. Ma, a legger con semplicità e senza preconcetti le pagine dell'Alighieri, si diradano e sfumano a poco a poco anche queste nebbiose visioni. Nell'opera che Dante stesso definì « fervida e passionata » (Oonv. I, 1), contrapponendola alla maniera « temperata e virile» del Convivio (proprio là dove accenna al carattere dottrinale di quest'ultimo e alle allegorie che vi verranno proposte e spiegate) non v'ha traccia di linguaggio simbolico, se non in talune espre~sioni e maniere di discorso che rimangono esteriori alla sostanza del racconto. E vi si parla d'un amore reale ed umano, senza allusioni oscure a intendimenti diversi da quello letterale : eccetto in quei casi, del resto pochissimi, dove l'Alighieri parla, di cose « sotto vesta di figura o di colore rettorico>> (cap. XXV), e personifica Amore, sul modello degli antichi poeti, e l'introduce a parlar di sé in modo solenne e difficile. Ma anche in questi casi poi si tratta soltanto d'artifici letterari, come– chiaramente Dante stesso ci spiega, per mezzo dei quali ora ci descrive il contenuto della sua anima, - ciò che il suo cuore gli dice dentro « con la lingua d'Amore>> (cap. XXIV), - ora ci espone le sue originali dottrine in un complicato problema di psicologia. Neppure è il caso d'insister troppo, come fa ancora il Manacorda, su riferimenti alla filo– sofia scolastica e mistica del medio evo : perché ,somiglianze consimili è possibile indicare in tutta la poesia d'amore provenzale, frarn~ese, ita– liana del tempo : e si tratta in ogni caso d'un patrimonio vastissimo e in qualche modo comune, sicché bisogna procedere assai cauti nello stabilire riscontri e derivazioni, e tanto meno si deve affrettarsi a scorgere in questa o quella frase singola una nuova e compiuta origina– lità di pensiero. In un'opera, com'è la Vita nuova, ingenua e giovanile non v'è ancora chiara e determinata direzione di idee religiose e filosofi– che: e piuttosto vengono a confondervisi mille ·elementi disgregati di cultura tratti a fonti disparate e talora in cont~asto fra loro. Insieme BibliotecaGino Bianco

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