Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

Ritorno sul Montello 693 treno e si arrivava a quel posto a quella -stessa ora. Con quello stesso passo a gruppi si ,saJlivasu per le stradette dli terra rossastra tra il folto delle 8JCa!Cie, avidi di ca,mpagna dopo t3Jllti mesi di scuola e di città, pronti a correre •SUper le rive affannandoci il respiro) men– tre il professore ci richiamava per osservare le doli!Ileo per parlarci della vipera del Montello. Mi l'isootivo oome al(lora e i miei sol– dati mi parev3Jllo i miei compagni di .scuola. Correvo mebriato e i soldati che non ne comprendevano la raofone si facevano om - • b bros1 sospettando che'. volessi impegnarli i!Il lavori pazreschi. In U!Ilagrand'e casa colo!Ilica trovai il Comando di Divisione. La no– stra Divisione •s'era sovrapposta ai residui d'un'altra che era stata mezza distruttà sulla !linea del Piave. In una gr3Jllde .sta!Ilzaalcuni ufficiali di stato maggiore parlavano tra loro guardando le carte topografiche appese alle pareti. Per un. corridoio ogmi tanto pas– sava o U!Il porta,ordini rosso in volto e svelto nel passo o U!Il came– riere i!Il giubba bianca che portava piatti di frittata. D'improvviso quegli ufficiali s'amimarono parlando tutti assieme a voce alta. Avevano saputo che pattuglie austriache erano riescite a ,pooetraré al di qua della li!Ilea, vestite con 11a111ostradivisa, e 111ascoste !Ilei campi sparavamo sui nostri militari isola.ti . U111 ufficiale s'affaociò alla finestra e fece chiamare il capitano che comandava lo squa- . dro111edi cavalleria della Divisione. Il mio ,capitano non c'era. Sulla strada passavano alcu111ebatterie da campagna; gli arti– g1lieri armati e co!Il le maschere rper i gas al volto, le ,scortavano a piedi ; le batterie discendevano dalla linea, forse per ·prendere mi– gliore posizione altrove, ma per qualche momento ebbi intensa e tetra l'impressio111e che si ritirassero. Vedevo in quei s•old'ati di cui 1110n potevo scorgere il volto mascherato, tutta un'espressio111e di fierezza data dalle spalle e dalla testa tenute diritte, oome di– cessero: « Si ripiega, ma non per causa nostra, noi !l'abbiamo fatto il nostro dovere». Invece poi m'accor,si che tale espressio111e era determinata dal loro passo sul terrooo i!Il discesa, per esser obbli,gati a far da freno ool peso del corpo nel traittooere i rpezzi che :minacciavano di andare sulle gambe dei cavalli. Da dietro alla casa oofonica sbucarono alcune pattug11ie di cavalleria che subito si slanciarono per direzioni opposte entrando mei campi di fru- • mento. In quello m'aocorsi del mio capitano rpallido e stanco che usciva da una specie di rifugio sotterraneo. ,Mi prese sottobraccio e mi portò a sedere sull'erba. Là m'informò che 111elComando regnava la più ,gra1I1deco111fusione.Una delle brigate era; in mar– cia e 1110n sapevano dove fosse. I reparti dlella nostra Divisione si trovavano frammischiati a quel!li d'un'altra. Aveva una fame che non ne potev·a più; allora tolsi dal mio taiscapane una· scatoletta di carne, ova, pane e vino e divisi con lui. Poi mi portò nel rifugio dov'era l'ufficio telefooico. Qualche candela accesa sotto la volta BibliotecaGino Bianco

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