Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

670 S. Benco nell'inverosimile salterello del verso. Le sapienti appoggiature· vo– cali dei buoni verseggiatori gli mancano. Nella poesia come nella .prosa, ill Nievo 111ascequando prende coscienza di sé. Eg'li 1110111 a,ma registrare le proprie cri.si letterarie con la meticolosità che usa1110gli scrittori d'oggi dì; m a certo a un dato momento dovette farglisi gigante l'intuizione che si scri– vono bene sol¼nto le cose alle quali ci attacchi un profo111doamore o u111a conoscenza verace, e che lì è il segreto dell'arte. Tutto quel– l'amore che egli aveva per la sua Italia afflitta, tutta quella reli– gione mazziniana che gli rinfocolava la fede i111esti111guibile 111el risorgimento dellla patria, tutta quella fermezza di speranze che lo rendeva baldanzoso contro il perituro tempo avverso, tutta quella passio111e che egli aveva per lo studio della storia veneta e per la meditazio111e dei suoi casi mirabili e dei suoi luttuosi ammolilimenti, tutta quella tenerezza che, :figliuolo lontano di Rousseau, anche lui, come tutti, si sentiva in cuore per le forme della natura e per quelllo che esse avevano di quiete antica, per la bontà della gente dei campi e il candore omerico dei 0ostumi contadi111eschi, tutto quel torme111- toso esaltarsi e ripiegar nell'analisi per giungere al .segreto dei cuori di donna oltre il desiderio e la stretta dellla carne, tutta questa vastità i111ternache egli portava, quasi infi111ita,era la sua poesia. Perché cercare l'i111voozionesu altro terreno? Perché non approfondirsi in essa ? A poco a poco si stacca il Nievo dai quadretti manierati, dalle escogitazioni bizzarre e dal vagabondaggio umoristico, che, confes– siamo, no1I1 11e avrebbero fatto un grande autore; a poco a poco si diradano 1~ sue vispezze versaiole, .si fanlilo più .frequenti le liriche · d-ovepiù nitido e puro si delinea ll'idillio agreste, o dove sono affer– rati momenti quasi inafferrabili della vita amorosa, o dove un sussulto ironico è come un distacco 111ervosoda qualche illusio111e fisica e morale troppo ammaliante. L'artista ha u111a sensibilità più affinata, ma al tempo stesso co1I1ducel'arte sua verso una forma più schietta, più veritiera e anche più popolare: ver.so le repentine fre sche zze di tanti squarci degli Amori garibaldi ni. H eillliane ta1l– vo !l.ta( perché egli è ancora giova,ne, e ai;;;similagli spiriti 111uovi);ma no n in degme di Heine. Vi fu davvero in lui un proposito deliberato d'assimilazione manzoniana ? Lo crf>dette e lo mostrò il "Mantovani, finora del Nievo impareggiato biografo. Senza dubbio il Manzo111i fu da lui amato dli grande amore («un tempio e u111 uomo, ,Manzoni e il Duomo>>: le due vette che sole g1lirendevano meno piatta Milano); ed è presu– mibile che, quanto più da lui sentito il bisogmo di u111'arteschietta– mente improntata, che si giustificasse dinanzi alla 111atura e alla vita, e tanto più il venerato lombardo divenisse ·atte!Ilto suo studio. M:a debbo pur soggiungere che la critica no111 ha 0111oratofi111ora il BibliotecaGino Bianco

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